martedì 19 ottobre 2010

Il mercato valutario segue l'outlook macroeconomico


Il mercato valutario continua a riflettere fedelmente il sentiment degli investitori sull’outlook macroeconomico internazionale.
Al centro delle attenzioni del mercato c’è senza dubbio la valuta statunitense: il trend ribassista del dollaro è ormai ben strutturato ed ha radici tecniche e fondamentali forti che non lasciano spazio a possibilità di un inversione di trend che almeno fino a fine novembre non dovrebbe esserci.
I massimi esponenti dell’economia a stelle e strisce pur senza creare allarmismi hanno confermato ciò che ormai era sotto gli occhi di tutti: la ripresa dei fondamentali statunitensi ha bruscamente rallentato e saranno e forse sono già necessari ulteriori interventi da parte delle autorità economiche a sostegno della ripresa.
Le parole di Geithner e del capo della Fed Bernanke hanno lasciato trasparire una certa preoccupazione confermata dalla volontà del governatore della banca centrale statunitense di attuare ulteriore misure di espansione (politica monetaria) a novembre.
Il segretario del tesoro statunitense, parlando a Palo Alto in un convegno che vedeva riuniti molti imprenditori locali, ha affermato che serve una "paziente pressione" nei confronti della Cina, affichè rivaluti la propria moneta confermano che la svalutazione del dollaro non è una strategia praticabile nè perseguibile.
A fare da contraltare a queste preoccupazioni c’è la situazione macroeconomica europea, che nonostante il disaccordo tra Trichet e Weber sulla prosecuzione della politica di riacquisto dei bond, ha accolto con soddisfazione l’intesa sulla stipulazione di un patto di stabilità economica che, secondo le intenzioni del board, dovrebbe cercare di evitare il ripetersi di situazioni di rischio default nei paesi dell’Unione (vedi Grecia).
L’accordo prevede un percorso che si articolerà in due tappe: la prima, operativa dall’inizio del 2012 realizzabile con la sola modifica della legislazione secondaria UE è quella su cui i ministri hanno trovato l’accordo e cioè sulla mediazione tra le due strade da seguire proposte dai paesi filo-tedeschi (nordici, Repubblica Ceca e Slovacchia) e dai paesi del mediterraneo (Italia, Francia, Belgio, Spagna e Portogallo).
La seconda tappa sarà invece più radicale e prevede la riforma dei trattato UE riguardanti principalmente due punti: il primo riguarda la creazione di un metodo/sistema robusto utile per gestire future crisi anche attraverso l’aiuto del settore privato, il secondo invece riguarderà la sospensione dei diritti di voto per i paesi che violeranno le regole del patto.
Tutto questo in attesa del vertice del G20 di questo fine settimana, in cui i banchieri centrali ed i ministri delle finanze delle più importanti economie internazionali faranno il punto della situazione per capire le azioni da intraprendere nei prossimi mesi e per quel che riguarda il mercato valutario proveranno a trovare un accordo per la riduzione della volatilità in un meeting che si preannuncia “bollente” in tema di valute.
Per quel che riguarda il cross Eur/Usd la sensazione è che la moneta unica continuerà il percorso di rafforzamento “forzato” a causa della evidente debolezza del dollaro e continuerà a oscillare attorno quota 1.40 con possibilità di raggiungimento del target a 1.4140; maggiori indicazioni si avranno a partire da lunedì giorno in cui il mercato valuterà le conclusioni del G20.

giovedì 2 settembre 2010

Traders e governi economici restano in attesa di segnali forti.


La fine dell’estate porta con se una situazione di stallo sui mercati con i principali players che osservano l’evolversi della situazione con un forte atteggiamento di prudenza.
Questa situazione si traduce nei principali listini e nel mercato valutario con cross che rimbalzano in canali laterali senza intraprendere direzioni precise.
Analizzando il quadro macroeconomico possiamo come sempre cercare di fare il punto della situazione: l’attesa di questi ultimi giorni era quasi totalmente conce tratta sulle minutes della Fed che tutti si aspettavano essere più “accomodante” rispetto alle ultime dichiarazioni.
E invece molti esponenti del comitato di politica monetaria della Federal Reserve hanno ribadito la necessità di nuove misure di rilancio dell’economia nel caso in cui i segnali di ripresa dovessero continuare ad essere deboli come negli ultimi mesi; queste parole fanno seguito a dati non incoraggianti che riguardano la produzione e l’occupazione nazionale statunitense.
La recessione dell’economia nazionale statunitense è stata peggiore di quanto si fosse preventivato rileggendo i dati degli ultimi tre anni e di conseguenza anche il Pil dello scorso anno ne ha risentito in maniera consistente; per quel che concerne l’occupazione, il livello rimane allarmante ma negli ultimi mesi il settore privato ha fatto registrare un aumento nel numero delle assunzioni. Se i dati sulle spese al consumo sembrano essere incoraggianti la vera spada di Damocle dell’economia a stelle e strisce rimane sempre il settore immobiliare con le nuove costruzioni residenziali in netta diminuzione.
Unica notizia positiva per l’economia statunitense riguarda i profitti trimestrali delle banche che hanno fatto segnare l’utile più alto dal 2007 grazie soprattutto ai depositi in aumento; come al solito però non è tutto oro quello che luccica e se da una parte i profitti delle banche non possono che far piacere al mercato dall’altra va segnalato come il portafoglio prestiti delle banche sia in continuo calo, sia soprattutto come il 10% degli istituti di credito rischiano il fallimento come riportato da Sheila Bair numero uno dell’FDIC.
Per quel che riguarda il resto delle economie l’Irlanda è sempre più sull’orlo del fallimento come testimoniano i balzi verso l’alto dei credit default swap e dei titoli di stato irlandesi nell’ultimo mese, in attesa della scadenza delle obbligazioni (quasi 25 miliardi di Euro secondo il Financial Times) vero e proprio test per l’economia irlandese.
Le vere sorprese in positivo vengono senza dubbio dall’asse Asia-Oceania con l’economia cinese ed australiana che sembrano non risentire per niente della crisi; se del sorpasso storico del PIL cinese nei confronti di quello giapponese se n’è già parlato molto nei giorni scorsi i numerosi dati macroeconomici positivi dall’Australia hanno in parte sorpreso il mercato; per accorgerci dell’impatto di questi dati basta guardare il dollaro australiano in netto rialzo in quasi tutti i cross valutari ed in particolare nei confronti del dollaro americano nei confronti del quale in neanche un mese è passato da 0.8315 a 0.9024.
Per quel che riguarda l’eurusd siamo come detto in una fase di stallo con i cross che oscilla attorno a quota 1.27; gli investitori in questo momento sono tendenzialmente avversi al rischio e tendono quindi a rifugiarsi in valute più sicure come lo Yen il cui conseguente apprezzamento non sembra preoccupare il governo nipponico che ha comunque fatto sapere di seguire molto da vicino l’evolversi del mercato valutario.

venerdì 23 luglio 2010

il mercato valutario torna a “seguire” i dati macroeconomici


Molto spesso nelle scorse settimane ci è capitato di leggere e scrivere di un mercato valutario più istintivo e meno “logico” con pesanti accuse ai grandi istituti di credito ed ai governi economici internazionali che influenzavano il sentiment del mercato con dichiarazioni e talvolta con falsi allarmismi: specchio fedele di questa situazione è, come spesso succede, il cross Eur-Usd.
Fino a qualche settimana fa la sensazione generale era quella di un’economia europea sull’orlo del tracollo con importanti analisti ed economisti che parlavano addirittura di un abbandono della valuta unica europea dopo il pesante crack della Grecia ed i dubbi riguardanti molte altre economie dell’est Europa ( senza tralasciare le “solite” Irlanda, Spagna e Italia). Quali sono state le conseguenze di questi rumors e di queste dichiarazioni? Euro ai minimi storici a 1,1875 e fiducia del mercato in drastico calo nei confronti della valuta unica e della comunità europea; dagli inizi di giugno sono passati quasi due mesi e troviamo l’euro ballare attorno a quota 1,30 con un movimento rialzista superiore all’8% in neanche 50 giorni.
A questo punto qualunque osservatore si chiederebbe il perché di questo guadagno ed i motivi di questa importante risalita: sarebbe portato a pensare che la congiuntura economica europea è migliorata e che invece lo stato di salute statunitense sia improvvisamente peggiorato.
Per convincerci di questo però dovremmo ignorare il fatto che i problemi dell’unione europea rimangono ancora notevoli, che il problema Grecia è stato solo tamponato ed in parte posticipato, che i paesi dell’est versano in ancora in condizioni critiche (vedi recente taglio del rating dell’Ungheria) e che anche le economie forti come quella tedesca stentano a riprendersi nonostante il buon dato sul settore manifatturiero tedesco per il mese di luglio; dall’altra parte dell’oceano invece le cose non sono certo peggiorate rispetto a qualche mese fa.
L’economia a stelle e strisce stenta a riprendersi dopo la grave crisi com’era normale e prevedibile, ed il settore immobiliare oltre che quello del credito sono ancora in forte difficoltà ed il “yes we can” si sta lentamente trasformando in un “can we?” come confermano le parole del presidente della Fed Bernanke che ha definito l’outlook per l’economia statunitense “stranamente incerto”; la fiducia dei consumatori è in ribasso, le vendite al dettaglio sono in calo, le vendite di case pure, i nuovi cantieri edili e licenze di costruzione anche e le ore lavorative per settimana sono basse. L'unica cosa che non sta calando sono le scorte, ovvero roba invenduta che si sta accumulando negli scaffali dei grandi magazzini. Anche gli appartamenti sfitti e le case rimaste senza un acquirente non fanno ben sperare, per non parlare dei molteplici casi di default sui prestiti.
Tutto questo disegna un quadro che è negativo ora come lo era agli inizi di giugno e allora ci domandiamo cosa è cambiato; come sempre in questi casi le risposte sono molteplici ed il più delle volte molte sono in parte corrette e non si escludono a vicenda.
Una possibile spiegazione è che il mercato si stia “riallineando” e stia diventando più razionale muovendosi in relazione dei dati fondamentali più che in base ai rumors o a speculazioni.
Guardando l’attualità, importante se non decisivo per il destino immediato del cross Eur/Usd sarà il risultato degli stress test sulle banche europee che potrebbero portare la valuta unica europea, in caso di risultati positivi, a sfondare con decisione quota 1,30 ed in caso contrario ritracciare fino a 1,25.

venerdì 2 luglio 2010

L’Euro supera quota 1.25 nei confronti del dollaro e prova un’inversione di trend.


Il rialzo della valuta unica europea di queste ultime ore conferma il cambiamento in atto negli investitori nell’analisi dei mercati.
Non si tratta certo di una rivoluzione clamorosa ma il mercato ora guarda, valuta e si “muove” monitorando la situazione dell’economia europea ( mettendo in secondo piano l’economia statunitense, da sempre catalizzatore dell’attenzione mondiale ) ed ogni notizia di rilievo proveniente dal vecchio continente provoca grandi scossoni sul mercato: la causa del movimento al rialzo della valuta unica europea può essere ritrovata nelle buone notizie provenienti dall’economia spagnola che ha comunicato di essere riuscita a vendere il suo target di 3.5 miliardi di euro in bond maturati da cinque anni.
A dire il vero, questo dato seppur incoraggiante è inferiore alla domanda del mese scorso (rapporto bid to cover in calo) ma ciò che infonde fiducia al mercato è che il premio richiesto per incoraggiare gli investitori a comprare i bond spagnoli sta crescendo più lentamente del previsto e che quindi la fiducia degli investitori nell’economia iberica è in ascesa.
Altro dato incoraggiante che ha sicuramente aiutato l’euro è arrivato dalla Germania che ha visto crescere nel mese di Maggio ’10 sia le vendite al dettaglio che il settore manifatturiero; come sempre però vanno fatti dei distinguo tra quella che può essere l’euforia dei mercati intraday e quello che è il sentiment generale che vede comunque prevalere un out look negativo testimoniato dall’aumento contemporaneo e consistente dell’ Euribor a 3 mesi e del libor Eur.
Quest’ultimo dato testimonia che gli istituti di credito europei non si fidano l’uno dell’altro e la paura nel prestare denaro è sempre la stessa: la possibilità (concreta) che le banche detengano nelle loro posizioni asset tossici; a questo punto la necessità di una riforma riguardante la trasparenza bancaria nei confronti della clientela e del sistema stesso ritorna a ricoprire uno degli aspetti più sottovalutati dai vertici economici mondiali.
L’outlook statunitense non è certo migliore rispetto al vecchio continente: se qualche giorno fa Greenspan (ex governatore della FED) esprimeva i suoi dubbi e i suoi timori sulla capacità dell’economia statunitense di recuperare capitali sul mercato e quindi riproponeva l’esigenza di una radicale riforma fiscale, i dati macroeconomici di questa settimana confermavano le difficoltà e come abbiamo visto affondavano i listini azionari.
I principali dati pubblicati in settimana hanno visto calare la fiducia dei consumatori ( 52.9 vs. 62.7), stessa sorte per l’indice sull’occupazione nel settore “Non-Farm” (13k vs. 59k); giovedì poi è stata la giornata che ha maggiormente contribuito al crollo del dollaro con un aumento delle richieste di sussidi alla disoccupazione di 13k unità rispetto alla precedente rilevazione, l’indice ISM manifatturiero sceso a 56.2 rispetto al 58.9 delle previsioni ma soprattutto ha pesato il calo del 30% nel settore immobiliare riguardante il Pending Home Sales.
Interessante sarà vedere come reagirà il mercato ai dati di questo pomeriggio provenienti dagli states riguardanti la disoccupazione che potrebbero spingere il cross Eur/Usd fino a quota 1.30 in un movimento di breve periodo che però non dovrebbe cambiare il trend di lungo che rimane comunque ribassista.

venerdì 18 giugno 2010

Il sistema bancario europeo tiene bene e fa respirare l’euro.


Settimana dai due volti per la valuta unica europea che dopo un inizio difficile in cui ha aggiornato i minimi da quattro anni a 1,1877 ha recuperato prepotentemente per risalire sopra quota 1,24.
La difficoltà di inizio settimana era sostanzialmente dovuta alla costante preoccupazione del mercato riguardante la posizione debitoria degli stati dell’Unione Europea; dopo il caso Grecia l’allarme si è spostato su altre economie “fragili” sull’orlo del fallimento come quella islandese.
Per far fronte a questa situazione gli esperti dell’UE hanno siglato l’accordo tecnico per veicolare gli aiuti ed il sostegno accordati dai ministri delle Finanza dell’Eurozona: la soluzione è stata individuata nella creazione di una società a responsabilità limitata di diritto lussemburghese. Va riportata anche la decisione, seppur prevedibile e poco influente, della BCE di lasciare i tassi invariati all’1%.
Il consiglio europeo dei capi di stato e di governo, riunitosi nella giornata di ieri, ha confermato le indiscrezioni degli scorsi giorni annunciando la pubblicazione degli stress test delle banche europee entro la fine di luglio.
Questa riunione ha ribadito anche la necessita di misure di controllo più efficaci per il settore bancario e di vincoli più restrittivi per le banche che dovranno reggere in un ambiente economico decisamente più difficile; molta soddisfazione è trapelata dalle parole del governatore della Banca d’Italia che ha lodato la condizione di buona salute degli istituti di credito nostrani che secondo le parole di Draghi potranno solo beneficiare dalla pubblicazione degli stress test.
Parole importanti anche da parte di Angela Merkel che ha auspicato l’introduzione di una serie di imposte sugli istituti bancari e di una tassa sulle transazioni finanziarie; questi argomenti verranno però sicuramente trattati nel prossimo G20 che si preannuncia molto importante.
Passando alle faccende d’oltre oceano, l’economia statunitense prosegue il trend delle ultime settimane senza fornire dati macroeconomici di rilievo: Il dipartimento al Commercio statunitense ha comunicato che nel mese di aprile le scorte all’ingrosso negli USA sono aumentate dello 0,4%, contro le aspettative degli analisti che prevedevano un rialzo mensile dello 0,5%. Anche le vendite all’ingrosso hanno registrato un rialzo congiunturale dello 0,7% nel mese di aprile a 351,1 miliardi di dollari. Dal rapporto Beige Book, che la Federal Reserve rilascia due settimane prima del suo vertice di politica monetaria, si ricava che la crescita economica negli USA "è migliorata" a maggio ma è ancora modesta, i prezzi dei beni sono stabili, mentre le condizioni del mercato del lavoro appaiono in lieve recupero. Il report indica un incremento delle spese per consumi e una ripresa nel settore turistico, che potrebbe però essere penalizzato dal disastro ambientale nel Golfo del Messico.
Negli USA, il saldo della bilancia commerciale ad aprile mostra un ulteriore allargamento a 40,3 mld di dollari, da 40,0 mld di marzo. Il deficit commerciale ha toccato un minimo a 25,7 mld di dollari a maggio 2009 e da allora è tornato ad allargarsi, spinto dalla ripresa della crescita americana. Sempre negli USA, diminuiscono di 3 mila unità le richieste settimanali di sussidi alla disoccupazione, a 456 mila dalle precedenti 459 mila. Lo stock di richieste è pari a 4,46 milioni rispetto ai 4,71 milioni rettificati della settimana precedente. Negativi e inferiori rispetto alle attese degli analisti i dati sulle vendite al dettaglio negli Stati Uniti nel mese di maggio. Il dato segnala una riduzione dell’1,2% (attese a 0,2%), dopo l’aumento dello 0,6% del mese precedente, mentre il dato core (escl. auto e gas) evidenzia una contrazione più accentuata dello 0,8% dopo l’incremento dello 0,6% del mese di aprile (dato rivisto dal precedente 0,4%).
Passando infine ad analizzare il recupero della sterlina l’idea è che il mercato confidi molto nel recupero dell’economia britannica e l’impressione è che si possa assistere ad un movimento pro-sterlina come come quello di marzo ’09 quando il cable passò in 5 mesi da 1.3650 a 1.70.

martedì 1 giugno 2010

Mercato in attesa di segnali importanti.


Nessuna novità di rilievo sui mercati che restano in attesa. Traders che restano in “trincea” dopo un lunedì anomalo con la borsa statunitense e quella britannica chiuse e dopo settimane di grandi speculazioni.
Qualche giorno fa parlavamo di un euro che sembrava essere ritornato a livelli più veritieri e questi ultimi giorni di contrattazioni non hanno di fatto alterato in nessun modo questo quadro che vede la valuta europea proseguire il trend negativo con una forte resistenza a quota 1.2145 minimo storico del grafico da aprile 2006 quando il dollaro si era portato a 1.2033 nei confronti dell’euro.
Come spesso è successo dall’inizio della crisi ad oggi, i mercati finanziari (ed in particolar modo per quel che ci concerne il mercato valutario) hanno alternato giorni, qualche volte settimane di grande volatilità con forti oscillazioni a periodi di apparente stabilità in cui il sentiment di mercato ha spesso indirizzato l’incertezza di trader.
Perché come spesso ci è capitato di affermare in periodi come questo è l’incertezza che tiene le redini del mercato e spesso bastano pochi segnali negativi male interpretati per affondare una valuta; l’incertezza sui mercati finanziari molto spesso si tramuta però in irrazionalità che innesca oscillazioni che spesso sembrano non avere reali spiegazioni.
A tal proposito molta attenzione va prestata alle ultime notizie provenienti dalle principali economie mondiali; per quel che riguarda l’Eurozona il bollettino pubblicato dalla banca centrale europea riporta le difficoltà crescenti del settore immobiliare, le difficoltà delle banche di rifinanziare le proprie passività ed il problema forse troppo frettolosamente accantonato della crisi delle economie dell’est.
Ad aggravare la situazione in serata è arrivata la notizia delle dimissioni del presidente tedesco Horst Kohler ( dopo le recenti dichiarazioni riguardanti la convenienza per l’economia tedesca di una prosecuzione della guerra in Afghanistan) che ha colto di sorpresa la stessa Merkel che in queste settimane sta cercando per quanto possibile di creare calma e stabilità all’interno dell’economia guida dell’unione europea.
Dall’altra parte dell’oceano non arrivano grandi notizie macroeconomiche ed il mercato concentra la sua attenzione sulle economie asiatiche che rallentano la propria crescita ( PMI Manifatturiero cinese 53.9 vs. 55.7) e mostrano forse i primi segnali di difficoltà che per quel che riguarda l’economia giapponese sono causate in parte dall’apprezzamento dello Yen che non favorisce le esportazioni (settore trainante dell’economia del sol levante).
Il quadro generale per quel che riguarda le valute rimane il medesimo con l’euro che pur continuando a rimanere in un trend ribassista potrebbe ritracciare fino a quota 1.2380 e con il dollaro e lo yen che rimangono le valute più comprate.

martedì 25 maggio 2010

Non tutti i mali vengono per nuocere.


In un clima di crescente allarmismo per la condizione dell’economia europea forse bisognerebbe fermarsi un attimo e riflettere su cosa davvero è successo, sul perché sia successo e se le conseguenze siano veramente tutte negative o ci sia in tutto questo anche qualcosa di positivo.
Due anni fa iniziavamo a parlare di crisi dei subprime e l’anno scorso abbiamo visto concretizzarsi il crollo del sistema finanziario e borsistico degli stati uniti: quello che sembrava essere il punto di forza della prima economia mondiale e che per anni è stato considerato il fiore all’occhiello degli Stati Uniti si è rivelato essere la causa prima di una delle più grandi crisi dopo quella del ’29. Molte sono state le analisi e i tentativi di trovare delle spiegazioni plausibili per quel che è successo ma uno dei motivi più evidenti è stato senza dubbio la mancanza di chiarezza e regolamentazione che circondava il mondo della finanza che per molti anni ha permesso a grandi istituti finanziari di nascondere e “camuffare” bilanci e debiti.
Proviamo quindi ora a creare un parallelo ed un confronto tra la crisi statunitense e quella che sta attraversando ora il vecchio continente.
Le cause di questo momento di difficoltà sono svariate e la stessa crisi statunitense è stato il primo tassello che cadendo ha innescato il domino che ha inevitabilmente coinvolto il sistema bancario europeo ma uno dei più grandi problemi per l’Europa è stata la mancanza di chiarezza dei bilanci dei governi che troppo spesso (vedi il recente caso della Grecia) sono stati mascherati grazie a manovre politico – finanziarie non sempre troppo chiare.
In entrambi i casi la crisi non ha fatto altro che togliere un sottilissimo velo che copriva la realtà dei fatti ed ha riportato tutti, bruscamente, ai valori reali delle economie creando inevitabilmente panico sui mercati.
Come la crisi dei subrime ha evidenziato le debolezze del sistema finanziario statunitense causando il fallimento di società importanti come Leheman Brothers ed il salvataggio da parte del governo di colossi bancari/assicurativi quali Freddi Mae e AIG, la crisi europea ha mostrato le difficoltà del sistema economico del vecchio continente causando il quasi default della Grecia salvata in extremis da BcE e FMI e costringendo le economie meno solide (vedi Italia, Irlanda, Spagna, Portogallo) a varare urgenti manovre finanziarie.
All’inizio dicevamo che non tutti i mali vengono per nuocere ed infatti proseguendo sempre nel parallelo notiamo come una delle riforme più importanti portate avanti dall’amministrazione Obama sia stata quella riguardante una profonda riforma della finanza statunitense ed in particolar modo di una regolamentazione del settore; passando al caso europeo questa crisi dovrà riuscire a far aprire gli occhi ai governi mettendo in evidenza l’esigenza di una profonda riforma dell’amministrazione economica che dovrà eliminare i troppi e gravi sprechi e dovrà ripartire dalla rivalutazione dell’economia reale.
Ed è qua che entra in gioco un ulteriore aspetto positivo e cioè la svalutazione dell’Euro: il catastrofismo che si è creato attorno al crollo della valuta europea è infatti giustificato solo in parte.
Il valore reale dell’Euro non era quello dell’agosto 2008 quando aveva superato 1.60 e non era neanche 1.5139 di fine novembre 2009; 1,22 sembra essere un cambio equo per la valuta di un economia non solida come si credeva e che da una svalutazione di questo tipo non può fare altro che approfittarne e rilanciare l’export troppo spesso in difficoltà a causa di una valuta sopravvalutata.
Passando all’attualità dei cambi, dopo giorni di altissima volatilità i mercati hanno ricominciato la settimana con un po’ più di tranquillità continuando il trend che vede gli investitori poco propensi ad investire in prodotti ad alto rischio affidandosi a valute rifugio come il dollaro e lo yen in rialzo su quasi tutti i cross più importanti.
Bene anche le commodities con l’oro che supera quota 1187,00 e che resta un bene rifugio molto richiesto dal mercato.

giovedì 6 maggio 2010

Mercati finanziari e valutari “guidati” dalla Grecia.


Per analizzare il mercato valutario ed i movimenti dei vari cross solitamente procediamo all’analisi dei principali dati macroeconomici pubblicati dalle principali economie mondiali, cerchiamo di capire il sentiment del mercato ed analizziamo i movimenti di natura tecnica dei vari cross.
Tutto questo, negli ultimi giorni, è reso inutile o quantomeno superfluo dalla crisi che si è abbattuta in modo violento sull’economia ellenica.
Fino a qualche giorno fa la speranza del mercato era riposta nelle decisioni della Bce e dell’intera unione europea riguardanti gli aiuti da fornire alla Grecia e la problematica su cui era focalizzata l’attenzione del mercato riguardava l’assenso o meno di economie forti come la Germania nell’accettare lo stanziamento di 110 miliardi di euro di prestito.
La scelta di sostenere ed aiutare la Grecia sembrava quindi potesse essere la soluzione ideale ed invece si è rivelata essere solo una sorta di effetto placebo per qualche giorno (forse qualche ora) fino a che la situazione è degenerata.
Come spesso succede, si è forse sottovalutato l’effetto di alcune scelte politico-economiche studiate a tavolino sull’economia reale e sui reali artefici del Pil greco: le misure drastiche adottate dal governo ellenico per “sistemare i conti pubblici” hanno innescato una spirale di manifestazioni e contestazioni che hanno portato ai tragici eventi di questi giorni.
Come dicevamo i dati macroeconomici in questo contesto passano in secondo piano ma ci sarebbe molto di cui parlare: oggi è in programma la riunione della Bce che molto probabilmente lascerà il costo del danaro invariato.
La scelta della Bce sembra quanto mai coerente con il momento delicato; l’unica via di uscita o di sopravvivenza a questa ulteriore crisi potrebbe essere il mantenimento del costo del denaro molto basso ed un continuo sostegno al canale del credito con l’aiuto delle economie “forti” dell’Unione Europea.
Siamo arrivati anche al momento dell’elezione del nuovo governo britannico con gli ultimi sondaggi che danno i conservativi in vantaggio (37%) sui laburisti (29%) e sui liberal democratici (26%); l’attenzione del mercato è rivolta sulle decisioni che la prossima maggioranza di governo prenderà per quel che riguarda il deficit pubblico considerato che ieri la Commissione Europea ha annunciato che il governo britannico dovrà prendere in prestito più capitale del previsto.
Il mercato valutario come sempre è un fedele specchio dell’andamento delle economie mondiali e non c’è da stupirsi se l’euro ha subito pesantemente l’effetto Grecia precipitando a 1.2811 nei confronti del dollaro allontanandosi dalle resistenze a 1.33 ed avvicinandosi pericolosamente ai supporti a 1.2454, i minimi da Marzo ’09.
Seguendo la stessa linea di ragionamento, la sterlina continua a perdere posizioni a causa dell’incertezza politica che procede le elezioni andando a testare quota 1,50 nel cable; in questo caso sarà determinante la reazione del mercato all’esito delle elezioni britanniche.
L’unico a beneficiare di questo periodo è quindi il dollaro statunitense che sfruttando la debolezza delle altre principali valute ha recuperato molte posizioni; effetto diretto di questo rialzo è stato il calo del prezzo del petrolio che dopo aver toccato quota 87.15 (WTI) è sceso fino ad arrivare a quota 78.85.

venerdì 23 aprile 2010

Obama e il settore immobiliare spingono il dollaro e l’economia statunitense.


Dopo un inizio settimana confortante per l’economia dell’eurozona che ha accolto con soddisfazione l’incremento consistente dell’indice ZEW tedesco (53.0 vs. 44.5), i giorni successivi hanno assistito al susseguirsi di notizie negative per la zona Euro e di contro al progressivo aumento della fiducia nell’economia statunitense.
La situazione della Grecia che sembrava “risolta” dopo le ultime decisioni della BcE in merito ai prestiti ed agli aiuti da fornire all’economia ellenica, rimane un fardello pesante che l’economia europea si porta dietro e che gioca un ruolo fondamentale nel sentiment del mercato che reagisce sempre negativamente ad ogni rumors.
La paura del mercato rimane ovviamente la possibilità che la crisi greca trascini con se tutte quelle economie dell’ unione che da tempo non navigano in acque tranquille: esemplificativa in tal senso è stata la reazione del mercato ai dati diffusi dall’Eurostat riguardo le stime al rialzo sui rapporti deficit/Pil 2009 delle economie europee.
Oltre alla Grecia che vede aumentare il rapporto al 13,6%, preoccupa il dato sull’Irlanda che vede il rapporto deficit/Pil salire al 14,3%; a seguito di questa notizia lo spread dei titoli decennali Greci contro il Bund ha raggiunto il nuovo record a 12 anni a 535 pb e l’euro che ha perso posizioni nei confronti del dollaro portandosi ai minimi di periodo.
Il dollaro ha così approfittato del momento di debolezza dell’euro ed ha ampliato il movimento ribassista nel cross con l’Euro “cavalcando” la notizia dell’incremento inaspettato della vendita di case esistenti (5.35M contro i 5.01M della rilevazione precedente); la reazione del mercato in questo caso non stupisce poiché il settore immobiliare ha sempre giocato un ruolo da protagonista nella recente crisi economica ed un segnale di ripresa in questo campo rappresenta un segnale da non sottovalutare.
Da non sottovalutare neanche il discorso di Obama che ha spazzato via i dubbi riguardanti l’avvio della riforma finanziaria atta a prevenire il ripetersi di nuovi catastrofi finanziarie ed a fornire nuovi e più efficaci strumenti al governo: ieri nel discorso a New York, il presidente degli Stati Uniti ha confermato il superamento dell’empasse politica tra liberali e democratici e l’accordo bipartisan sul capitolo più controverso riguardante la regolamentazione dei derivati.
Inizia oggi il meeting del G20 su cui non sono riposte molte aspettative dal mercato visto l’esito e la consistenza delle decisioni prese negli ultimi incontri.
A livello tecnico il cross Eur/Usd sembra essere arrivato ad un punto critico e dopo aver testato i minimi a 1.3204 sarà interessante capire se la forza del dollaro sarà sufficiente a sfondare i supporti ed a proiettare il cross fino ai minimi di marzo 2009 a 1.2454.
Interessante anche la situazione sul cable che sembra pronto per un inversione di tendenza dell’ultimo periodo che dovrebbe riportare il cross fino a 1,4950.

lunedì 29 marzo 2010

L’effetto Grecia .


Dopo una settimana nervosa e caratterizzata da una consistente volatilità, il mercato valutario sembra premiare la valuta unica europea che raccoglie così i frutti delle decisioni prese dal consiglio dell’Unione, in particolare dall’accordo tra Germania e Francia, riguardante le modalità di aiuti da fornire all’economia ellenica.
Per capire le reazioni del mercato proviamo a capire in cosa consiste questo accordo che mette d’accordo tutti ma forse non soddisfa nessuno; la più grande preoccupazione dei vertici politici dell’Eurozona era la pericolosità della creazione di un precedente che avrebbe permesso ad altre economie in difficoltà (vedi Spagna, Portogallo, Irlanda e Italia) di richiedere i medesimi aiuti economici e le medesime sovvenzioni eventualmente accordate alla Grecia da UE e FMI.
I timori di Germania, Francia e dei paesi membri dell’UE riguardavano però anche la pericolosità per la stabilità dell’unione economica del default dell’economia greca; la soluzione più ovvia allora la si è trovata in un mix di finanziamenti Ue-Fmi in cui però i prestiti dei paesi zona-Euro saranno preponderanti.
I dettagli dell’accordo chiariscono come sono previsti una serie di prestiti bilaterali, coordinati e volontari, proporzionati alla quota del capitale di ogni paese nella Bce, ed erogati a tassi di mercato.
L’erogazione dei prestiti prevede anche un coordinamento ed una supervisione da parte di un “governo economico” appositamente costituito e dall’approvazione unanime di tutti e sedici i paesi dell’unione.
Le modalità e l’entità ( la somma totale dovrebbe aggirarsi attorno ai 22 miliardi di Euro) non sembrano soddisfare né il governo Greco che si sarebbe aspettato condizioni ben più favorevoli per la concessione dei prestiti, né Trichet che ha mal digerito l’inserimento del Fmi nell’accordo.
Il malcontento dei vertici Ue ha inizialmente lasciato indeciso il mercato ed ha portato la valuta unica ad oscillare tra 1.3420 e 1.3270; le dichiarazioni distensive di Trichet, che si è detto contento e soddisfatto dell’accordo tra i governi europei, hanno poi dato una forte spinta all’Euro che in mattinata ha testato quota 1.35.
Per quel che riguarda l’economia statunitense invece, non ci sono grandi novità da segnalare, come testimoniano le parole del capo della Fed, Bernanke che ha ripetuto come i tassi prossimi allo zero rimarranno tali per molto tempo ancora.
L’attenzione del mercato questa settimana sarà riposta sui dati macroeconomici statunitensi che saranno fondamentali per supportare il dollaro che dopo la soluzione del “caso Grecia” dovrà cercare di resistere al recupero della valuta unica europea che potrebbe beneficiare della tranquillità ritrovata per provare un’inversione di trend.

lunedì 22 marzo 2010

Tentativo di recupero fallito per la moneta unica europea.


L’inizio della scorsa settimana è stato all’insegna dell’euro che approfittando del momento di difficoltà del dollaro e dell’economia statunitense aveva illuso il mercato ritornando a toccare quota 1,3817 e testando i massimi degli ultimi mesi.
La corsa dell’euro è però durata poco appesantita e rallentata dal “problema Grecia” che si trascina senza trovare una conclusione; decisioni a riguardo potrebbero essere prese nel corso di questa settimana che vedrà protagonista il consiglio dell’UE che si riunirà giovedì 25 marzo, e presenterà il piano da 25 miliardi che sarà l’ultimo, estremo tentativo di aiuto all’economia ellenica prima del ricorso al Fondo Monetario Internazionale.
Da capire a questo punto quale sarà la posizione dei paesi come la Germania, che fino ad ora si sono fortemente opposti al piano di salvataggio che rappresenterebbe un grave e pericoloso precedente nella storia economica dell’Unione.
Germania che però a breve potrebbe entrare nell’”occhio del ciclone” se verranno confermate le indiscrezioni pubblicate dal quotidiano tedesco Die Welt che stima l'esposizione complessiva in 6,2 mld mentre nelle statistiche ufficiali vengono dichiarati solo 1,9 mld; nell’articolo, l’economista Bernd Raffelhueschen spiega come “più dell'indebitamento visibile di Stato federale, Regioni e comuni pesano i debiti nascosti dello stato sociale'.
Come sempre accade in questi casi, l’incertezza e la confusione che avvolge l’economia europea hanno spinto il mercato ad investire sulle cosiddette valute rifugio come Dollaro e Yen che infatti negli ultimi giorni della settimana hanno recuperato molte posizioni in particolar modo nei confronti dell’Euro.
A spingere la valuta statunitense sono stati però anche i dati macroeconomici molto positivi pubblicati settimana scorsa che hanno visto l’indice sullo stato di salute dell’economia pubblicato dalla Federal Reserve di Philadephia salire a quota 18.9, in netto miglioramento rispetto a 17.6 della rilevazione precedente e delle previsioni che lo davano stabile.
Positivo anche il dato sulle richieste di sussidi alla disoccupazione che sono calati nell’ultima settimana a 457k vs. 462k della rilevazione precedente; interessante sarà ora capire come la riforma della sanità del governo Obama appena approvata dal senato statunitense influenzerà il mercato e quindi il dollaro.
La sensazione è che il cross Eur/Usd sia destinato a rimanere in una zona di trading range laterale compreso tra 1,3620 e 1,35 a lungo prima di testare in modo convincente i supporti e le resistenze di medio periodo a quota 1.3860 e 1.2880.
Da segnalare infine il periodo molto positivo del franco svizzero che si è portato sotto quota 1,4340 nel cross con l’euro confermandosi una delle valute più forti in questo momento al contrario della sterlina la cui tanto invocata ripresa sembra ancora lontana dal realizzarsi.
Settimana comunque ricca di spunti per il mercato che oltre ad attendere le decisioni del consiglio dell’Unione Europea seguirà con attenzione l’evolversi della situazione statunitense ed i “soliti” dati sull’occupazione e sugli ordinativi delle industrie americane.

lunedì 15 marzo 2010

Il dollaro soffre, resiste e riparte.


Fine settimana difficile per la valuta statunitense che cede posizioni nei confronti di quasi tutte le valute estere ma che nelle prime ore di questa settimana lascia trasparire una forza per un recupero importante.
Analizzando i principali cross valutari che vedono interessato il biglietto verde notiamo come sia l’Euro che la Sterlina venerdì abbiano testato le resistenze di breve periodo; l’Eur/Usd è arrivato a testare quota 1,3800 ritornando sui livelli di un mese fa per poi ritracciare verso quota 1,3700 ad inizio giornata sulla scia dell’ottimismo riguardante l’economia statunitense.
Discorso differente invece va fatto per il cable che negli ultimi giorni della scorsa settimana ha tentato un’inversione del trend in atto da inizio anno riportandosi sopra quota 1,5200; la sensazione è che il cross sia in una fase di incertezza e che questa settimana sarà decisiva per capire se la sterlina riuscirà a tenere o se il cross sia destinato a testare i supporti di un anno fa a quota 1,4600.
Dal punto di vista macroeconomico il sentiment del mercato vive una fase di grande incertezza su cui pesano le crisi del debito di Dubai e della Grecia che dopo essere esplose si sono lentamente riassorbite senza un vera e propria exit strategy.
Per quel che riguarda l’economia ellenica sarà interessante capire cosa deciderà la riunione mensile dei ministri finanziari della zona euro che inizierà oggi e terminerà domani e che avrà come oggetto di discussione appunto le ipotesi di supporto alla Grecia.
Sul tavolo Ecofin ci sarà un piano del commissario all'economia Rehn per offrire alla Grecia tassi agevolati per i 25 miliardi di euro che si stima essere la cifra necessaria all’economia nei prossimi due mesi.
Dall’altra parte dell’oceano arrivano notizie contrastanti per l’economia statunitense; se da una parte le vendite al dettaglio hanno registrato un incremento dello 0.3% nel mese di febbraio dall’altra il dato preliminare sul sentiment dei consumatori rilasciato dall’Università del Michigan ha fatto segnare un calo da 73.6 a 72.5.
Interessante notare in questo scenario così poco chiaro come stando al Professional Global Confidence Index monitorato da Bloomberg, e che misura le aspettative sull'outlook dell'economia globale, il biglietto verde sia destinato a correre nei prossimi sei mesi.
L’ottimismo deriverebbe dalla convinzione che l’economia statunitense sarà la prima a ripartire in modo consistente rispetto a Europa e Giappone; secondo gli economisti intervistati Bernanke sarà il primo a dare il via al rialzo dei tassi di interesse se non alla fine di quest’anno all’inizio del prossimo.
La settimana che è appena cominciata sarà ricca di dati macroeconomici che potranno chiarire le idee al mercato ed far intraprendere ai cross trend più precisi: si inizierà oggi pomeriggio con i TIC Long-Term Purchases statunitensi, per proseguire poi con l’indice ZEW tedesco e la riunione FOMC ( con relativa decisione sui tassi) martedì, per finire con il dato sulle richieste di sussidi alla disoccupazione atteso per giovedì.

lunedì 8 marzo 2010

Il sentiment positivo del mercato spinge la valuta unica europea sopra 1,37.


La scorsa settimana, ed in particolare gli ultimi giorni, sono stati molto positivi a livello macroeconomico per l’economia statunitense, ma nonostante ciò il cross Eur/Usd si è riportato sopra quota 1,37 anziché testare le resistenze a 1,34.
Le ragioni di questo movimento sono da ricercare nell’emotività di un mercato che molto spesso si lascia trascinare da dichiarazioni e speranze che molto spesso si rivelano poco veritiere; la reale causa del recupero dell’Euro è infatti da attribuire alla riduzione delle preoccupazioni riguardanti l’economia greca ed il suo debito.
Le ultime notizie parlano infatti di un gran numero di obbligazioni “piazzate” sul mercato (si parla già di 5 miliardi) e della messa a punto di un piano di tagli alla spesa pubblica per quasi 4,8 miliardi di euro che uniti alle dichiarazioni confortanti di Sarkosy e Merkel riguardanti possibili aiuti da parte di Francia e Germania hanno creato una spirale di ottimismo che è sfociata in grandi volumi di acquisti della valuta unica europea.
Come si può facilmente immaginare, la crisi dell’economia greca rimane tuttora in una fase difficile e se fino a pochi giorni fa sembrava che questa situazione poteva addirittura far saltare l’intera unione economica europea non possiamo essere così ingenui da pensare che in un paio di giorni si sia riusciti a risolvere tutto.
Se invece il mercato avesse focalizzato la propria attenzione sui dati macroeconomici pubblicati nel corso della scorsa settimana avrebbe sicuramente premiato l’economia statunitense che ha visto i non-farm payrolls scendere meno delle previsioni ( -36k contro i -75k delle previsioni) ed il tasso della disoccupazione scendere a quota 9,7%.
Per questo inizio settimana non sono attesi dati di grande rilievo e quindi il mercato continuerà a seguire il sentiment giornaliero.
Per quel che riguarda le altre valute, va confermato il recupero della sterlina che dopo aver toccato quota 1,4778 nei confronti del dollaro si è riportata fino a quota 1.5194 lasciando presagire una continuazione del trend positivo anche in questo inizio settimana; stesso discorso vale per il cross con lo Yen che nelle ultime sedute ha perso molte posizioni anche nei confronti di Dollaro ed Euro.

venerdì 26 febbraio 2010

Mercato valutario nervoso e stanco


Mesi fa qualcuno già parlava di uscita dalla crisi, e forse il mercato si era illuso di essere già arrivato ad un turning point di questo periodo di difficoltà iniziando ad accumulare ansia e tensione per l’attesa di decisioni importanti da parte delle Banche Centrali che dessero il là alla ripresa.
Gli ultimi avvenimenti hanno però confermato che siamo ben lontani da quel momento e che al contrario la situazione per molte economie si sta aggravando: la crisi della Grecia in tal senso rappresenta solo la punta di un iceberg che si è formato nel corso dell’ultimo decennio.
Protagonista dei pensieri degli operatori è senza dubbio il timing delle exit strategy europee e statunitensi: la manovra più attesa riguarda l’aumento dei tassi di interesse delle due economie.
Se è stato infatti lampante che l’effetto più evidente della crisi per le banche centrali si è evidenziato nell’azzeramento (o quasi) dei tassi di interesse, è lecito attendersi un sostenuto aumento nel momento della ripresa: anche in questo caso però le prospettive non sembrano essere rosee se come affermato da Bernanke e Trichet non sono in programma decisioni in tal senso.
Se la politica dei tassi rimane ancora lontana nella programmazione, la politica riguardante l’iniezione della liquidità sul mercato è stata molto più attiva: nei prossimi mesi arriveranno a termine sia il programma Taf (Term auction facility) che il programma il Talf (Term asset-backed securities facility) per quel che riguarda il governo statunitense che l’Eurotower per quel che concerne l’economia europea.
Bisognerà quindi capire quali saranno le scelte programmatiche dei due organi che seguiranno quelle che possono essere considerate delle politiche di sostegno “urgente” all’economia: si passa quindi da una fase di salvataggio ad una fase di riassestamento che, se non può già essere considerata una vera e propria exit strategy, certo dovrà rappresentare un passo in avanti rispetto alla situazione precaria di questi ultimi mesi.
Passando ad un’analisi un po’ più tecnica del mercato valutario notiamo, come detto in apertura, molto nervosismo su tutti i cross con l’euro che dopo aver testato per due volte i supporti a 1,3450 sembra in grado di poter recuperare posizioni nei confronti del dollaro la cui forza, insieme agli ultimi dati non incoraggianti riguardanti l’economia statunitense ha pesato sui listini azionari nelle ultime sedute.
Per quel che riguarda gli altri cross da segnalare il prolungarsi delle difficoltà della sterlina che anche nelle ultime sedute ha perso molte posizioni nei confronti di dollaro, euro e yen salvo poi ritracciare in modo abbastanza significativo in queste prime ore della giornata.
Prosegue invece il momento positivo per lo Yen che approfitta delle difficoltà dell’economia del vecchio continente e statunitense per riportarsi sui minimi di febbraio ’09 nei confronti dell’euro a quota 121.18 e della sterlina a quota 134.94, mentre nel cross con il dollaro statunitense sta testando insistentemente il supporto posto a quota 88.70.

lunedì 15 febbraio 2010

La Grecia affonda l'Euro


Mercati pro-dollaro ed euro in grande difficoltà. Il motivo di fondo di quest’ultimo periodo è facilmente riassumibile in poche parole, ed il mercato valutario ha rispecchiato in pieno lo scenario macroeconomico delle ultime settimane.
Per chi giornalmente deve trovare idee per scrivere articoli riguardanti il forex, le difficoltà più grandi riguardano l’impegno nel trovare ogni mattina spunti interessanti per non rischiare di risultare ripetitivi e monotoni nelle giornate di tranquillità dei mercati; ultimamente invece, i presupposti si sono ribaltati ed il mercato ci fornisce in continuazione notizie e segnali operativi grazie, o sarebbe meglio dire a causa, della difficile situazione che sta vivendo l’unione europea.
L’evoluzione dei cross valutari in queste sedute è strettamente legata all’evolversi della situazione macroeconomica ed alle notizie e dichiarazioni provenienti in particolar modo dall’Eurozona: la crisi della Grecia sta infatti monopolizzando l’attenzione degli investitori mettendo in secondo piano i problemi dell’economia statunitense avvantaggiando in questo modo il biglietto verde.
Un punto di vista interessante per analizzare il “problema Grecia” è quello di creare un parallelo, fatte le dovute distinzioni e proporzioni, tra ciò che questa situazione rappresenta per l’Unione Europea e quello che Lehman Brothers ha rappresentato per gli Stati Uniti agli inizi di questa crisi.
Le similitudini sono sfortunatamente molteplici, a partire dalla difficoltà da parte dei vertici dell’unione nel valutare come gestire la situazione; se il fallimento dell’economia ellenica costituirebbe un grave colpo per il governo europeo che ha fatto della solidità e della stabilità le sue principali qualità, un eventuale salvataggio rappresenterebbe un precedente rischiosissimo che darebbe il diritto alle altre economie europee in crisi di richiedere aiuti ed adagiarsi sapendo di avere un salvagente economico nell’Unione.
Un’ulteriore similitudine è rappresentata dalla nebbiosa composizione degli asset e dei debiti del governo Greco che come il colosso finanziario statunitense sembra aver mascherato le proprie difficoltà finanziandole con crediti futuri ancora inesigibili aiutata in questo da importanti istituti bancari che detengono una grande quantità di titoli di stato ellenici.
Continuando il parallelo con queste due situazioni notiamo come ancora manchi il passaggio più importante e cioè la decisone che l’U.E. prenderà in merito a questa situazione: se Obama ha deciso di far fallire Lehman sopportando tutti i rischi e le conseguenze che ne sono derivati, sembra che Trichet sia più propenso ad evitare il default della Grecia adottando una via di mezzo che dovrebbe consistere nel parziale sostegno economico che, come più volte ribadito dal capo dell’Unione Europea, deve essere accompagnato e sostenuto da un forte impegno dello stato ellenico.
Questa visione sembra essere sostenuta dalla maggioranza degli stati europei come confermano le parole di Herman Van Rompuy (presidente in carica della Ue) che nel suo discorso ha confermato il «pieno sostegno al piano di risanamento della Grecia, che «dovrà fare quanto è necessario per realizzare l'ambizioso programma, inclusa l'attuazione di misure supplementari».
La situazione è in continuo divenire e le sorti della moneta unica europea sono strettamente legate alle decisioni che verranno prese a riguardo, con un grafico Eur/Usd che sembrerebbe proiettato verso una sicura continuazione del trend ribassista di queste ultime settimane.

mercoledì 10 febbraio 2010

Mercati in attesa


I mercati vivono in questi primi giorni della settimana un periodo di allerta e di indecisione dopo un fine settimana caratterizzato da notizie e dati che hanno scosso notevolmente tutti i principali indici e che hanno nuovamente gettato il “panico” tra gli investitori.
Se l’economia statunitense ci ha ormai abituato a violenti sbandate ed a notizie sorprendenti, quasi sempre in negativo, l’economia europea seppur in evidente difficoltà, raramente offre “spunti” così consistenti al mercato come giovedì scorso.
Il crescente debito pubblico di alcuni paesi europei è stato dall’inizio della crisi una delle più grandi preoccupazioni dei vertici dell’economia dell’unione ma le parole di Trichet giovedì e le notizie macroeconomiche pubblicate hanno creato un vortice di allarmismo che ha avuto come conseguenza diretta un crollo dei listini azionari, in particolare quelli delle economie interessate, e per quel che concerne il mercato valutario un rafforzamento del movimento pro dollaro nei confronti della valuta unica europea.
I famosi “P.I.I.G.S” ( Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna ) sono sotto osservazione da anni, ben prima dell’inizio di questa crisi, non avremmo quindi dovuto stupirci se le prime economie a risentire di questa congiuntura negativa sarebbero state proprio queste ultime.
La domanda che viene spontanea a questo punto riguarda le motivazioni di una reazione così “sorpresa” del mercato che ha causato movimenti così consistenti sui mercati.
Le risposte a questa domanda possono essere sostanzialmente di due tipi: la prima trova le motivazioni nella speculazione di un mercato che, in particolar modo quello valutario, ha tratto vantaggio da questa notizia per sostenere ed incrementare il movimento pro-dollaro che ha portato l’euro a perdere più del 7% da inizio anno nei confronti del biglietto verde. A tal proposito infatti il mercato mormora a proposito di una speculazione messa in atto da una banca statunitense riguardante i CDS (Credit Default Swap).
La seconda risposta vede invece un mercato seriamente preoccupato per lo stato di salute dell’economia europea, ed in particolare esprime la sua paura per un possibile default dell’economia greca; nella giornata di oggi infatti si sono susseguiti rumors riguardanti il ritorno anticipato di Trichet dall’Australia, voci che parlavano di possibili forti aiuti fuori programma per l’economia ellenica che potrebbero resi pubblici nel consiglio Ue di giovedì prossimo.
Per quel che concerne il mercato valutario, il cross Eur/Usd sulla scia di questi possibili aiuti e di dati non positivi per l’economia statunitense ( scorte di magazzino all’ingrosso in calo dello 0.8% ) ha ritracciato sopra quota 1.3750 dopo tre giorni di continui ribassi ed i prossimi giorni saranno decisivi per capire se questo può essere un segnale importante di un recupero della valuta europea.
Decisiva sarà la giornata di domani in particolare per la Sterlina che ha seguito nei confronti del dollaro un movimento similare all’euro, e che potrebbe approfittare di un dato positivo della produzione manifatturiera che nelle ultime rilevazioni ha mosso in modo consistente il cross.

martedì 2 febbraio 2010

Gli Stati Uniti cercano di dare una ventata di ottimismo al mercato


Il discorso di Obama e di Bernanke al vertice FOMC hanno avuto come comune denominatore la voglia di trasmettere fiducia al mercato sottolineando con enfasi quanto di buono ( a dir la verità poco ) stia facendo l’economia statunitense, tralasciando invece tutte le difficoltà (in particolare riguardanti il mercato immobiliare e quello del lavoro).
Il filo conduttore dei discorsi di settimana scorsa del board FOMC si è retto su una linea sottilissima costituita da molte parole rassicuranti supportate da non altrettanti dati reali.
Nella realtà abbiamo infatti assistito ad un susseguirsi di dati non proprio esaltanti per l’economia a stelle e strisce che hanno riguardato le due aree precedentemente citate a cui ha fatto da contraltare il dato molto positivo sul Pil statunitense che ha avuto una crescita superiore alle aspettative del 5,7% contro il 2,2% della precedente rilevazione.
Come avevamo anticipato settimana scorsa dal punto di vista tecnico il dollaro aveva iniziato nel cross con l’euro un movimento ribassista ben strutturato confermato dalla flag venutasi a creare attorno a quota 1,4150 ( notare la contrazione dei volumi in concomitanza di questo periodo) che ha preannunciato la continuazione del trend fino a quota 1,3861.
Sempre basandoci su considerazioni prettamente tecniche potremmo anche pensare che questo movimento ribassista dovrebbe aver trovato un primo vero ostacolo costituito dai supporti che riprendono i minimi di giugno/luglio 2009; se prendiamo in considerazione invece i fondamentali potremmo anche pensare che il dollaro potrebbe approfittare del periodo di forte debolezza dell’economia europea appesantita dalla crisi della Grecia e dalla difficoltà ad uscire dalla crisi dei così detti PIGS, tutti fattori che hanno rallentato la crescita del pil ed hanno di fatto portato il tasso di disoccupazione dell’eurozona sopra la soglia del 10%.
Il quadro che viene fuori da queste considerazioni lascia trasparire un mercato in difficoltà che premierà chi per primo riuscirà a far ripartire l’economia nazionale o chi per primo riuscirà a convincere tutti di esserci riuscito; il mercato valutario, da sempre specchio fedele dell’evolversi della situazione macroeconomica mondiale, attende questa settimana dati importanti provenienti dagli states che in questa settimana forniranno elementi importanti per tastare il polso ai consumi ed alla disoccupazione, fattori determinanti per una ripresa.

lunedì 25 gennaio 2010

Ha la meglio chi sta meno peggio.


Il quadro politico-economico dell’economia mondiale ha ricominciato a mostrare forti segnali di debolezza che hanno spinto i listini azionari ad un forte ritracciamento ed hanno evidenziato come la crisi economica sia tutt’altro che passata.
Come sempre, per noi che operiamo sul mercato valutario, il cross Eur/Usd costituisce un ottimo indicatore dello stato di salute dell’economia europea e statunitense: fino ad una decina di giorni fa parlavamo di un Euro forte destinato ad approfittare della cattiva situazione in cui verteva l’economia statunitense ed invece questa settimana ci ha mostrato una forte inversione di tendenza nel cross che ha portato il cambio a toccare i minimi storici da agosto a 1.4025.
Le cause di questo movimento vanno ricercate nei dati macroeconomici pubblicati in settimana supportate da un movimento ribassista ben strutturato che ha avuto inizio dai primi di dicembre e che ha visto la creazione di una “flag” (figura tecnica di continuazione di trend) nelle prime due settimane di gennaio.
Per analizzare i dati macroeconomici questa settimana dobbiamo necessariamente suddividere geograficamente il discorso: per quel che concerne l’eurozona la situazione è decisamente meno positiva rispetto a qualche settimana fa ed a confermarlo ci sono l’indice ZEW tedesco uscito nettamente al di sotto delle aspettative al di sotto delle aspettative degli analisti e le dichiarazioni di Trichet riguardanti una ripresa che potrebbe essere anche più forte del previsto (confermato dall’ottimo dato sugli ordini all’industria in aumento dell’1,6% a novembre) ma sottolineando un livello di disoccupazione reale molto preoccupante che potrebbe superare il 10% nel corso del 2010.
Il problema della scarsa occupazione, è protagonista anche per quel che riguarda l’economia americana: giovedì il dato sulle richieste di sussidi alla disoccupazione ha mostrato un aumento oltre le previsioni e si è attestato a quota 482k a dispetto dei 446k delle rilevazione precedente.
Grande fermento sul mercato hanno creato le frasi del presidente Obama che ha anticipato la sua proposta riguardante un limite ai rischi che gli istituti bancari si potranno assumere in futuro: l’idea di Obama non è stata accolta positivamente dal mercato ed i listini azionari hanno subito l’ennesimo calo in poche ore mentre il dollaro ha temporaneamente arrestato la sua corsa rimanendo ancorato a 1,4100.
Per quel che riguarda il resto delle valute, va sottolineato il momento negativo vissuto dal dollaro canadese che sulla scia dei dati negativi di questi ultimi giorni ( calo del CPI e delle vendite al dettaglio ) ha perso molte posizioni contro Euro e Dollaro Statunitense portandosi rispettivamente a 1,4930 e 1,0590.
Bene lo Yen che prosegue un trend positivo iniziato ormai da una settimana in tutti i cross più importanti mentre il prezzo del petrolio continua a scendere e dopo aver sfondato quota 75 dollari al barile punta a toccare i minimi di un mese fa a 72,71.
Come abbiamo detto ad inizio articolo in questo momento il mercato valutario premia chi ha la condizione meno “disastrato” ed in questo senso il meeting della Fed e la pubblicazione del Pil statunitense settimana prossima potranno dare delle indicazioni importanti per le sorti del dollaro.

mercoledì 20 gennaio 2010

Qualcosa finalmente si muove.


Gli scorsi giorni parlavamo di cross fermi all’interno di range che rimanevano fissi ormai da settimane e invece ieri abbiamo assistito ad un forte recupero della valuta statunitense che ha guadagnato molte posizioni nei principali cross.
Le motivazioni del recupero del biglietto verde possono avere diverse spiegazioni: l’evento principale della giornata di ieri (priva di dati macroeconomici statunitensi) è stata la sconfitta di Obama, o meglio dei democratici, nelle elezioni per il senato nello stato del Massachussets che ha rimesso in discussione le principali riforme del nuovo governo o quantomeno le tempistiche di attuazione delle stesse.
La riforma sanitaria, fortemente voluta dal presidente degli States, comporterebbe per le casse dello stato un duro esborso ed un suo slittamento o addirittura una sua cancellazione sarebbe vista in maniera positiva dal mercato che infatti ieri ha visto fare un grande rialzo ai listini azionari e un buon recupero al dollaro.
Nel cross con l’euro, il biglietto verde è stato però aiutato dal dato fortemente negativo per l’economia europea che ha visto calare l’indice ZEW a 46.4 a fronte di una previsione che lo vedeva in aumento a 48.2.
Oggi è una giornata importante in particolar modo per sterlina e dollaro canadese con la pubblicazione delle Minutes britanniche e del CPI canadese.

lunedì 18 gennaio 2010

Mercati ancora molto incerti.


L’andamento altalenante delle borse e le poche sorprese provenienti dai dati macroeconomici hanno ingabbiato i principali cross in bande di oscillazione che ormai durano da settimane.
L’attenzione del mercato era concentrata sui dati macroeconomici statunitensi attesi per ultimi giorni della settimana che avrebbero potuto dare una mano al dollaro a superare quota 1,46 nel cross con l’euro.
L’economia statunitense ha invece ancora una volta deluso le aspettative registrando un calo delle vendite al dettaglio (-0,3%), un aumento settimanale delle richieste di sussidi alla disoccupazione ed una diminuzione della fiducia dei consumatori (dato preliminare dell’Università del Michigan a 72.8 vs. 73.8).
In zona euro invece sono stati confermati i tassi all’1% e Trichet ha confermato la linea prudente seguita dalla Banca Centrale Europea confermando come il periodo di recessione sia ormai terminato ma che per assistere ad una forte ripresa dovremo aspettare ancora; il presidente della BcE ha anche sottolineato come gli istituti bancari in questo momento non rappresentino il problema principale da affrontare.
Di avviso leggermente diverso sembra essere il governo statunitense che come riportato da Bloomberg qualche giorno fa è intenzionato a tassare le banche in modo da recuperare le somme sborsate dal governo nel quadro del piano anticrisi Troubled Asset Relief Program (Tarp) e ridurre il deficit; non si conoscono ancora i dettagli di questa operazione che verrà svelata con ogni probabilità nella manovra di bilancio 2011 che Obama presenterà al Congresso il prossimo mese.
Per quel che concerne l’andamento previsto dei cross principali, in questa settimana non si prevedono grossi movimenti con l’unica eccezione per la sterlina che potrebbe confermare il trend rialzista dell’ultima settimana e rompere le resistenze sul cross con il dollaro.

giovedì 14 gennaio 2010

Macroeconomics rules


Giorni di stabilità apparente sul mercato valutario. I dati macroeconomici ancora negativi per l’economia statunitense non sono bastati per rompere le resistenze nei principali cross con il dollaro.
L’Eur/Usd ha infatti proseguito il trend rialzista arrivando a toccare quota 1.4554 senza però riuscire a rompere i livelli della media mobile (25); oggi potrebbe essere una giornata molto importante in tal senso.
Una grande quantità di dati macroeconomici è infatti attesa per le prossime ore a cominciare dalla produzione industriale europea, la decisone sui tassi di interesse in zona euro (che dovrebbero comunque rimanere stabili all’1%) per proseguire oltreoceano con i dati sulle vendite al dettaglio e sulle importanti richieste di sussidi alla disoccupazione.
Da segnalare anche il buon momento della sterlina che ha recuperato posizioni in tutti i principali cross grazie ai rumors inerenti a possibili rialzi dei tassi di interesse nel corso del 2010.

lunedì 11 gennaio 2010

Ritorno al passato.


Qualche giorno fa dicevamo che il 2010 è ripartito seguendo le orme degli ultimi mesi del 2009 ma forse qualcosa sta cambiando sul mercato valutario (o sta ritornando alla normalità a seconda dei punti di vista).
Dopo mesi di discussioni riguardanti un mercato “anarchico” che si muoveva seguendo speculazioni degli investitori o influenzato dall’andamento dei listini azionari, finalmente ritorniamo a parlare di una alta volatilità dei cambi dovuta alla pubblicazione di dati macroeconomici importanti e questo segnale, come ogni altro barlume di normalità non può che essere considerato in modo positivo.
La giornata di venerdì è stata esemplificativa in tal senso con il dollaro e l’economia statunitense che, come abitudine, hanno svolto un ruolo cruciale; dopo i dati altalenanti della passata settimana riguardanti il settore immobiliare statunitense, l’attenzione del mercato era tutta concentrata sulle condizioni del mercato del lavoro ed in particolare sui Non-farm Employement Change statunitensi di venerdì.
Il mercato si aspettava un segnale positivo forte per sostenere il dollaro che sembrava poter continuare in modo convinto il trend ribassista nei confronti di Euro, Sterlina e Yen; la realtà ha però visto perdere 85 mila posti di lavoro nel settore non agricolo nel corso del mese appena trascorso.
Le conseguenze pratiche sui cross sono state tutte a sfavore del biglietto verde che ha perso molte posizioni nei confronti delle principali valute portandosi a quota 1.4500 con l’Euro, 1,6130 nel cable e 92.00 con lo Yen; questa settimana sarà quindi determinante per capire le sorti del dollaro che, come qualche mese fa, attende con ansia i dati riguardanti la bilancia commerciale, il beige book, le vendite al dettaglio ed il consumer sentiment che verranno pubblicati nei prossimi giorni.
Continua la corsa dei prezzi delle commodities che rimangono su livelli ritenuti troppo elevati dal mercato ma che continuano ad essere sostenuti da forti acquisti che permettono al petrolio di superare quota 83,50 ed all’oro di arrivare fino a 1158,00.

martedì 5 gennaio 2010

Anno nuovo mercati vecchi


Le indicazioni che giungono dai primi giorni di contrattazioni del 2010 fotografano un mercato valutario sostanzialmente fermo su livelli di equilibrio che si mantengono costanti dall’anno passato.
Analizzando il cross Eur/Usd infatti notiamo come il cross ondeggi da tempo in un canale laterale ed in questi ultimi giorni si trova in prossimità delle prime resistenze a 1.4450 che sono in attesa di dati macroeconomici importanti per essere superate in modo importante e per permettere al cross di arrivare presumibilmente attorno a quota 1,4580 e successivamente a 1,4680.
Discorso similare vale per il cable che ha trovato attorno a 1 ,6100 il livello di equilibrio ed attende anche in questo caso segnali dall’economia statunitense ed in particolare cerca di capire se l’outlook negativo riguardante il debito pubblico del regno unito confermerà le previsioni e in che modo ne risentirà la sterlina.
Per quel che concerne il petrolio invece i livelli iniziano ad essere abbastanza elevati e si stanno raggiungendo i massimi da settembre 2008.