venerdì 2 luglio 2010

L’Euro supera quota 1.25 nei confronti del dollaro e prova un’inversione di trend.


Il rialzo della valuta unica europea di queste ultime ore conferma il cambiamento in atto negli investitori nell’analisi dei mercati.
Non si tratta certo di una rivoluzione clamorosa ma il mercato ora guarda, valuta e si “muove” monitorando la situazione dell’economia europea ( mettendo in secondo piano l’economia statunitense, da sempre catalizzatore dell’attenzione mondiale ) ed ogni notizia di rilievo proveniente dal vecchio continente provoca grandi scossoni sul mercato: la causa del movimento al rialzo della valuta unica europea può essere ritrovata nelle buone notizie provenienti dall’economia spagnola che ha comunicato di essere riuscita a vendere il suo target di 3.5 miliardi di euro in bond maturati da cinque anni.
A dire il vero, questo dato seppur incoraggiante è inferiore alla domanda del mese scorso (rapporto bid to cover in calo) ma ciò che infonde fiducia al mercato è che il premio richiesto per incoraggiare gli investitori a comprare i bond spagnoli sta crescendo più lentamente del previsto e che quindi la fiducia degli investitori nell’economia iberica è in ascesa.
Altro dato incoraggiante che ha sicuramente aiutato l’euro è arrivato dalla Germania che ha visto crescere nel mese di Maggio ’10 sia le vendite al dettaglio che il settore manifatturiero; come sempre però vanno fatti dei distinguo tra quella che può essere l’euforia dei mercati intraday e quello che è il sentiment generale che vede comunque prevalere un out look negativo testimoniato dall’aumento contemporaneo e consistente dell’ Euribor a 3 mesi e del libor Eur.
Quest’ultimo dato testimonia che gli istituti di credito europei non si fidano l’uno dell’altro e la paura nel prestare denaro è sempre la stessa: la possibilità (concreta) che le banche detengano nelle loro posizioni asset tossici; a questo punto la necessità di una riforma riguardante la trasparenza bancaria nei confronti della clientela e del sistema stesso ritorna a ricoprire uno degli aspetti più sottovalutati dai vertici economici mondiali.
L’outlook statunitense non è certo migliore rispetto al vecchio continente: se qualche giorno fa Greenspan (ex governatore della FED) esprimeva i suoi dubbi e i suoi timori sulla capacità dell’economia statunitense di recuperare capitali sul mercato e quindi riproponeva l’esigenza di una radicale riforma fiscale, i dati macroeconomici di questa settimana confermavano le difficoltà e come abbiamo visto affondavano i listini azionari.
I principali dati pubblicati in settimana hanno visto calare la fiducia dei consumatori ( 52.9 vs. 62.7), stessa sorte per l’indice sull’occupazione nel settore “Non-Farm” (13k vs. 59k); giovedì poi è stata la giornata che ha maggiormente contribuito al crollo del dollaro con un aumento delle richieste di sussidi alla disoccupazione di 13k unità rispetto alla precedente rilevazione, l’indice ISM manifatturiero sceso a 56.2 rispetto al 58.9 delle previsioni ma soprattutto ha pesato il calo del 30% nel settore immobiliare riguardante il Pending Home Sales.
Interessante sarà vedere come reagirà il mercato ai dati di questo pomeriggio provenienti dagli states riguardanti la disoccupazione che potrebbero spingere il cross Eur/Usd fino a quota 1.30 in un movimento di breve periodo che però non dovrebbe cambiare il trend di lungo che rimane comunque ribassista.