venerdì 26 febbraio 2010

Mercato valutario nervoso e stanco


Mesi fa qualcuno già parlava di uscita dalla crisi, e forse il mercato si era illuso di essere già arrivato ad un turning point di questo periodo di difficoltà iniziando ad accumulare ansia e tensione per l’attesa di decisioni importanti da parte delle Banche Centrali che dessero il là alla ripresa.
Gli ultimi avvenimenti hanno però confermato che siamo ben lontani da quel momento e che al contrario la situazione per molte economie si sta aggravando: la crisi della Grecia in tal senso rappresenta solo la punta di un iceberg che si è formato nel corso dell’ultimo decennio.
Protagonista dei pensieri degli operatori è senza dubbio il timing delle exit strategy europee e statunitensi: la manovra più attesa riguarda l’aumento dei tassi di interesse delle due economie.
Se è stato infatti lampante che l’effetto più evidente della crisi per le banche centrali si è evidenziato nell’azzeramento (o quasi) dei tassi di interesse, è lecito attendersi un sostenuto aumento nel momento della ripresa: anche in questo caso però le prospettive non sembrano essere rosee se come affermato da Bernanke e Trichet non sono in programma decisioni in tal senso.
Se la politica dei tassi rimane ancora lontana nella programmazione, la politica riguardante l’iniezione della liquidità sul mercato è stata molto più attiva: nei prossimi mesi arriveranno a termine sia il programma Taf (Term auction facility) che il programma il Talf (Term asset-backed securities facility) per quel che riguarda il governo statunitense che l’Eurotower per quel che concerne l’economia europea.
Bisognerà quindi capire quali saranno le scelte programmatiche dei due organi che seguiranno quelle che possono essere considerate delle politiche di sostegno “urgente” all’economia: si passa quindi da una fase di salvataggio ad una fase di riassestamento che, se non può già essere considerata una vera e propria exit strategy, certo dovrà rappresentare un passo in avanti rispetto alla situazione precaria di questi ultimi mesi.
Passando ad un’analisi un po’ più tecnica del mercato valutario notiamo, come detto in apertura, molto nervosismo su tutti i cross con l’euro che dopo aver testato per due volte i supporti a 1,3450 sembra in grado di poter recuperare posizioni nei confronti del dollaro la cui forza, insieme agli ultimi dati non incoraggianti riguardanti l’economia statunitense ha pesato sui listini azionari nelle ultime sedute.
Per quel che riguarda gli altri cross da segnalare il prolungarsi delle difficoltà della sterlina che anche nelle ultime sedute ha perso molte posizioni nei confronti di dollaro, euro e yen salvo poi ritracciare in modo abbastanza significativo in queste prime ore della giornata.
Prosegue invece il momento positivo per lo Yen che approfitta delle difficoltà dell’economia del vecchio continente e statunitense per riportarsi sui minimi di febbraio ’09 nei confronti dell’euro a quota 121.18 e della sterlina a quota 134.94, mentre nel cross con il dollaro statunitense sta testando insistentemente il supporto posto a quota 88.70.

lunedì 15 febbraio 2010

La Grecia affonda l'Euro


Mercati pro-dollaro ed euro in grande difficoltà. Il motivo di fondo di quest’ultimo periodo è facilmente riassumibile in poche parole, ed il mercato valutario ha rispecchiato in pieno lo scenario macroeconomico delle ultime settimane.
Per chi giornalmente deve trovare idee per scrivere articoli riguardanti il forex, le difficoltà più grandi riguardano l’impegno nel trovare ogni mattina spunti interessanti per non rischiare di risultare ripetitivi e monotoni nelle giornate di tranquillità dei mercati; ultimamente invece, i presupposti si sono ribaltati ed il mercato ci fornisce in continuazione notizie e segnali operativi grazie, o sarebbe meglio dire a causa, della difficile situazione che sta vivendo l’unione europea.
L’evoluzione dei cross valutari in queste sedute è strettamente legata all’evolversi della situazione macroeconomica ed alle notizie e dichiarazioni provenienti in particolar modo dall’Eurozona: la crisi della Grecia sta infatti monopolizzando l’attenzione degli investitori mettendo in secondo piano i problemi dell’economia statunitense avvantaggiando in questo modo il biglietto verde.
Un punto di vista interessante per analizzare il “problema Grecia” è quello di creare un parallelo, fatte le dovute distinzioni e proporzioni, tra ciò che questa situazione rappresenta per l’Unione Europea e quello che Lehman Brothers ha rappresentato per gli Stati Uniti agli inizi di questa crisi.
Le similitudini sono sfortunatamente molteplici, a partire dalla difficoltà da parte dei vertici dell’unione nel valutare come gestire la situazione; se il fallimento dell’economia ellenica costituirebbe un grave colpo per il governo europeo che ha fatto della solidità e della stabilità le sue principali qualità, un eventuale salvataggio rappresenterebbe un precedente rischiosissimo che darebbe il diritto alle altre economie europee in crisi di richiedere aiuti ed adagiarsi sapendo di avere un salvagente economico nell’Unione.
Un’ulteriore similitudine è rappresentata dalla nebbiosa composizione degli asset e dei debiti del governo Greco che come il colosso finanziario statunitense sembra aver mascherato le proprie difficoltà finanziandole con crediti futuri ancora inesigibili aiutata in questo da importanti istituti bancari che detengono una grande quantità di titoli di stato ellenici.
Continuando il parallelo con queste due situazioni notiamo come ancora manchi il passaggio più importante e cioè la decisone che l’U.E. prenderà in merito a questa situazione: se Obama ha deciso di far fallire Lehman sopportando tutti i rischi e le conseguenze che ne sono derivati, sembra che Trichet sia più propenso ad evitare il default della Grecia adottando una via di mezzo che dovrebbe consistere nel parziale sostegno economico che, come più volte ribadito dal capo dell’Unione Europea, deve essere accompagnato e sostenuto da un forte impegno dello stato ellenico.
Questa visione sembra essere sostenuta dalla maggioranza degli stati europei come confermano le parole di Herman Van Rompuy (presidente in carica della Ue) che nel suo discorso ha confermato il «pieno sostegno al piano di risanamento della Grecia, che «dovrà fare quanto è necessario per realizzare l'ambizioso programma, inclusa l'attuazione di misure supplementari».
La situazione è in continuo divenire e le sorti della moneta unica europea sono strettamente legate alle decisioni che verranno prese a riguardo, con un grafico Eur/Usd che sembrerebbe proiettato verso una sicura continuazione del trend ribassista di queste ultime settimane.

mercoledì 10 febbraio 2010

Mercati in attesa


I mercati vivono in questi primi giorni della settimana un periodo di allerta e di indecisione dopo un fine settimana caratterizzato da notizie e dati che hanno scosso notevolmente tutti i principali indici e che hanno nuovamente gettato il “panico” tra gli investitori.
Se l’economia statunitense ci ha ormai abituato a violenti sbandate ed a notizie sorprendenti, quasi sempre in negativo, l’economia europea seppur in evidente difficoltà, raramente offre “spunti” così consistenti al mercato come giovedì scorso.
Il crescente debito pubblico di alcuni paesi europei è stato dall’inizio della crisi una delle più grandi preoccupazioni dei vertici dell’economia dell’unione ma le parole di Trichet giovedì e le notizie macroeconomiche pubblicate hanno creato un vortice di allarmismo che ha avuto come conseguenza diretta un crollo dei listini azionari, in particolare quelli delle economie interessate, e per quel che concerne il mercato valutario un rafforzamento del movimento pro dollaro nei confronti della valuta unica europea.
I famosi “P.I.I.G.S” ( Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna ) sono sotto osservazione da anni, ben prima dell’inizio di questa crisi, non avremmo quindi dovuto stupirci se le prime economie a risentire di questa congiuntura negativa sarebbero state proprio queste ultime.
La domanda che viene spontanea a questo punto riguarda le motivazioni di una reazione così “sorpresa” del mercato che ha causato movimenti così consistenti sui mercati.
Le risposte a questa domanda possono essere sostanzialmente di due tipi: la prima trova le motivazioni nella speculazione di un mercato che, in particolar modo quello valutario, ha tratto vantaggio da questa notizia per sostenere ed incrementare il movimento pro-dollaro che ha portato l’euro a perdere più del 7% da inizio anno nei confronti del biglietto verde. A tal proposito infatti il mercato mormora a proposito di una speculazione messa in atto da una banca statunitense riguardante i CDS (Credit Default Swap).
La seconda risposta vede invece un mercato seriamente preoccupato per lo stato di salute dell’economia europea, ed in particolare esprime la sua paura per un possibile default dell’economia greca; nella giornata di oggi infatti si sono susseguiti rumors riguardanti il ritorno anticipato di Trichet dall’Australia, voci che parlavano di possibili forti aiuti fuori programma per l’economia ellenica che potrebbero resi pubblici nel consiglio Ue di giovedì prossimo.
Per quel che concerne il mercato valutario, il cross Eur/Usd sulla scia di questi possibili aiuti e di dati non positivi per l’economia statunitense ( scorte di magazzino all’ingrosso in calo dello 0.8% ) ha ritracciato sopra quota 1.3750 dopo tre giorni di continui ribassi ed i prossimi giorni saranno decisivi per capire se questo può essere un segnale importante di un recupero della valuta europea.
Decisiva sarà la giornata di domani in particolare per la Sterlina che ha seguito nei confronti del dollaro un movimento similare all’euro, e che potrebbe approfittare di un dato positivo della produzione manifatturiera che nelle ultime rilevazioni ha mosso in modo consistente il cross.

martedì 2 febbraio 2010

Gli Stati Uniti cercano di dare una ventata di ottimismo al mercato


Il discorso di Obama e di Bernanke al vertice FOMC hanno avuto come comune denominatore la voglia di trasmettere fiducia al mercato sottolineando con enfasi quanto di buono ( a dir la verità poco ) stia facendo l’economia statunitense, tralasciando invece tutte le difficoltà (in particolare riguardanti il mercato immobiliare e quello del lavoro).
Il filo conduttore dei discorsi di settimana scorsa del board FOMC si è retto su una linea sottilissima costituita da molte parole rassicuranti supportate da non altrettanti dati reali.
Nella realtà abbiamo infatti assistito ad un susseguirsi di dati non proprio esaltanti per l’economia a stelle e strisce che hanno riguardato le due aree precedentemente citate a cui ha fatto da contraltare il dato molto positivo sul Pil statunitense che ha avuto una crescita superiore alle aspettative del 5,7% contro il 2,2% della precedente rilevazione.
Come avevamo anticipato settimana scorsa dal punto di vista tecnico il dollaro aveva iniziato nel cross con l’euro un movimento ribassista ben strutturato confermato dalla flag venutasi a creare attorno a quota 1,4150 ( notare la contrazione dei volumi in concomitanza di questo periodo) che ha preannunciato la continuazione del trend fino a quota 1,3861.
Sempre basandoci su considerazioni prettamente tecniche potremmo anche pensare che questo movimento ribassista dovrebbe aver trovato un primo vero ostacolo costituito dai supporti che riprendono i minimi di giugno/luglio 2009; se prendiamo in considerazione invece i fondamentali potremmo anche pensare che il dollaro potrebbe approfittare del periodo di forte debolezza dell’economia europea appesantita dalla crisi della Grecia e dalla difficoltà ad uscire dalla crisi dei così detti PIGS, tutti fattori che hanno rallentato la crescita del pil ed hanno di fatto portato il tasso di disoccupazione dell’eurozona sopra la soglia del 10%.
Il quadro che viene fuori da queste considerazioni lascia trasparire un mercato in difficoltà che premierà chi per primo riuscirà a far ripartire l’economia nazionale o chi per primo riuscirà a convincere tutti di esserci riuscito; il mercato valutario, da sempre specchio fedele dell’evolversi della situazione macroeconomica mondiale, attende questa settimana dati importanti provenienti dagli states che in questa settimana forniranno elementi importanti per tastare il polso ai consumi ed alla disoccupazione, fattori determinanti per una ripresa.