lunedì 31 marzo 2008

In fase di consolidamento


Ancora molti quesiti aperti circa il prolungarsi e l’effettivo impatto della attuale crisi finanziaria sull’economia reale; dai mercati si scorgono comunque alcuni timidi segnali di ripresa
che potrebbero allentare i timori degli investitori e favorire l’avvio di una fase di consolidamento, in attesa di
avere nuovi elementi per valutare la reale portata dell’attuale crisi finanziaria, creando le premesse per una
successiva potenziale estensione dei recuperi in atto. I rendimenti dei Treasury, sembrano aver interrotto il
trend ribassista delle ultime settimane, in favore dell’avvio di una fase di consolidamento. Più delicato il
quadro sul mercato dei cambi con il dollaro ancora vicino ai minimi storici contro euro, ma con prime
evidenze di un potenziale recupero messo a segno la scorsa settimana quando, in sole cinque sedute, è
riuscito a recuperare oltre 5 figure passando da 1,59 a 1,5350.
I primi timidi segnali di un potenziale miglioramento della situazione potrebbero trovare conferma
nell’andamento di alcune variabili macroeconomiche, almeno in Europa, dove l’andamento dell’indice Ifo
sull’economia tedesca ha sorpreso al rialzo. Negli Stati Uniti a febbraio l’andamento delle vendite di case
esistenti ha registrato la prima variazione positiva dopo sei mesi di costante ribasso, ma vi sono ancora
numerose indicazioni contrarie in un contesto sicuramente dominato dall’incertezza.
Sul fronte macroeconomico, in Eurolandia i dati sulla crescita diffusi in settimana sono stati leggermente
migliori rispetto alle attese. Buono anche l’andamento degli ordini industriali di gennaio per la zona euro,
mentre le cattive notizie vengono dal fronte dei prezzi. Ulteriori indicazioni sul futuro andamento economico
verranno in settimana dagli indici dei Direttori degli acquisti (Pmi), definitivi per il mese di marzo.
Dagli Stati Uniti, nonostante che le vendite della case esistenti a febbraio abbia sorprendentemente
registrato un segno positivo, le prospettive restano improntate ad un possibile ulteriore peggioramento della
crescita economica, che per molto analisti è già di fatto recessione: l’indice anticipatore sulle prospettive
economiche, il cosiddetto “indicatore di direzione”, risulta negativo anche a febbraio (si tratta della quinta
rilevazione negativa consecutiva) ed anche gli indicatori di fiducia sono su valori minimi. Anche diversi
indicatori sul mercato del lavoro segnalano il pessimismo che si sta diffondendo; in settimana verranno a tal
proposito diffuse le statistiche sul mercato del lavoro relative a marzo: al momento il consenso di mercato
ipotizza una riduzione di quasi 50mila posti lavoro.

martedì 25 marzo 2008

Acque agitate


Rimane alta la volatilità sul mercato dei cambi, con il dollaro che ha segnato nuovi minimi prima di avviare un recupero che al momento si inquadra, comunque, come semplice correzione tecnica. Il cambio eur/usd ha segnato nuovi massimi poco oltre la soglia di 1,59 dove sono prevalse le prese di beneficio in favore di un movimento di ribasso con primi supporti a ridosso di 1,54/1,53. Il trend di fondo rimane orientato al rialzo, ancora condizionato dalle politiche monetarie della Fed, con gli investitori ancora incerti sull’entità delle future mosse della Banca Centrale che potrebbe, secondo alcune stime, abbassare i tassi in un range fra l’1,00 e l’1,50%. Molto simile l’andamento del cambio usd/jpy, che in settimana ha accelerato al ribasso, dopo la violazione dei supporti di area 101,50 punti, segnando nuovi minimi a ridosso di 95,50 (minimi da settembre 1995). Il rimbalzo avviato da tale area mantiene al momento natura correttiva verso le prime resistenze di area 101,50/102,50. Solo prezzi stabili oltre tale soglia allenteranno le tensioni sul dollaro creando le condizioni per un rimbalzo in grado di caratterizzare le prossime ottave.
Fra i cross, ancora in evidenza il rapporto eur/gbp: dal punto di vista tecnico, il quadro di medio periodo rimane a favore della divisa unica che prosegue la fase di apprezzamento contro sterlina con il cambio che ha segnato nuovi massimi poco oltre area 0,79. A sostenere la divisa unica, le attese circa una nuova riduzione del costo del denaro da parte della BoE e la debolezza del dollaro che penalizza il potenziale della sterlina.
Sul fronte macroeconomico, in Eurolandia le indicazioni date dagli indici dei Direttori degli acquisti (Pmi) di marzo segnalano un trend positivo e migliore della attese. Per l’intera area euro, i Pmi si riducono rispetto a febbraio.
Dagli Stati Uniti, i dati diffusi in settimana rafforzano lo scenario che ha convinto la Fed circa la necessità di ridurre ancora i tassi ufficiali: il settore edilizio conferma il suo pessimo stato di salute, con il numero delle nuove costruzioni, così come quello dei permessi edilizi che si mantengono sui minimi di periodo;la produzione industriale si contrae ancora a febbraio (-0,5%) oltre le previsioni di mercato, anche se per ora l’utilizzo degli impianti scende, ma resta su livelli ancora relativamente elevati; 3) l’indicatore di direzione (“leading indicator”) di febbraio, ancora negativo (-0,3% dopo il -0,4% di gennaio) conferma che le prospettive sono ancora quelle di una riduzione della crescita. Buone invece le indicazioni sui prezzi: migliori del consenso di mercato sia quelli al consumo, che a febbraio scendono al 4,0% su base annua dal 4,3%, con il “core” (che non considera le voci più volatili di alimentari ed energia) che passa al 2,3% dal 2,5% di gennaio, sia quelli alla produzione, che su base annua segnano un incremento del 6,4% dal 7,4% di gennaio, mentre l’indice “core” si stabilizza al 2,4% dal 2,3% della rilevazione precedente. In settimana si avranno ulteriori dati sul settore edilizio: l’andamento dei prezzi di gennaio e delle vendite di febbraio; si avranno anche i dati relativi ai beni durevoli di febbraio.

lunedì 17 marzo 2008

Caduta libera


Il dollaro a rotta di collo. Questa è la sensazione che pervade il mercato valutario. Il cross eur/usd sta perdendo l’1% al giorno da tre settimane a questa parte. E non si capisce come potrà finire


Le teorie riguardanti l’evoluzione di questa situazione nel futuro prossimo sono le più disparate, con coloro che sono sicuri che questa crisi durerà ed anzi peggiorerà portando il cross a sfondare la soglia del 1.7000 e coloro che invece vedono nelle banche centrali un’ancora di salvezza per riportare il biglietto verde ad una valutazione più vicina ai valori cui siamo abituati.

Noi non vogliamo schierarci con nessuno né prevedere scenari futuri ma non possiamo non notare come il cross EUR/USD stia perdendo l’1% al giorno da tre settimane a questa parte e che molto probabilmente, viste anche le ultime dichiarazioni dei capi della banca centrale statunitense ed europea, questa situazione sia destinata a perdurare ancora per un pò.

Detto ciò possiamo concentrarci come al solito su un breve riepilogo di quelli che sono stati i principali dati macroeconomici di quest’ultima settimana cominciando con la giornata di lunedì che ha visto protagonista l’economia britannica con i dati riguardanti la produzione industriale (in calo dello 0,1%), l’indice PPI mensile che si è rivelato essere migliore delle previsioni (1,7% vs. 1,5%) e con la produzione del settore manifatturiero in crescita dello 0,4%.

Martedì è stato annunciato il risultato dell’indice ZEW tedesco che misura l’ economic sentiment ed è stato migliore delle attese con un -32,0 rispetto al -39,5 della rilevazione precedente; giornata importante anche per Canada e States che hanno visto migliorare le rispettive bilance commerciali rispettivamente da 2,3 mld a 3,3 mld e da -59,5 mld a -58,2 mld.

Mercoledì è stata una giornata abbastanza povera di dati macroeconomici rilevanti eccezion fatta per il dato sulla produzione industriale europea (aumentata dello 0.9% rispetto allo 0,4% preventivato) e per il dato sulle scorte di greggio statunitensi che sono arrivate a 6,2 mln.

Giovedì è stata invece la giornata che ha confermato il momento di estrema difficoltà dell’economia statunitense, con numerosi dati macroeconomici tutti negativi: i più importanti sono stati senza dubbio le vendite al dettaglio in calo dello 0,6% e l’indice Business Inventories in calo dello 0,5% nonostante fosse prevista una crescita dello 0,5%.

La settimana si è infine conclusa con l’ulteriore dato negativo per l’economia statunitense che ha visto l’indice dei prezzi al consumo rimanere invariato rispetto alla rilevazione precedente ed alle aspettative che lo davano in aumento dello 0,3%.

Non ci resta che aspettare il prossimo 18 marzo giorno in cui si riunirà la Fed e probabilmente deciderà di tagliare nuovamente i tassi di interesse per cercare con un ultimo disperato tentativo di risollevare le sorti della sua moneta.

giovedì 13 marzo 2008

Sfondata quota 1.55 si punta decisi a 1.56


La situazione sul mercato delle valute rimane stabile con l’euro che ogni giorno fa segnare un massimo storico nei confronti del Dollaro e con gli altri cross che stanno rintracciando dopo i grandi movimenti degli ultimi giorni.
Ieri si era avuta l’illusione che il biglietto verde potesse recuperare qualche posizione dopo le notizie provenienti dalla FED che comunicava un nuovo innesto di liquidità sul mercato e rivelava il dato sulla bilancia commerciale USA che ha diminuito il suo deficit da 59.5 bilioni di dollari previsti ai 58.2 effettivi.
La mattinata di mercoledì ha poi riportato subito le cose alla “normalità” con il dato sulla bilancia commerciale europea che registrando un aumento dello 0.9% ha spinto l’euro a superare la soglia psicologica dell’1.5500.
Da segnalare anche il dato sulla bilancia commerciale canadese che ha aumentato notevolmente il suo attivo portandolo a 3.3B rispetto ai 2.3B della rilevazione precedente.

venerdì 7 marzo 2008

Sopra quota 1.5400


Prosegue inarrestabile la corsa dell’Euro sul Dollaro americano sulla spinta della sempre più probabile recessione dell’economia statunitense e sulle attese avanzate dagli analisti riguardo ad un sempre più probabile taglio dei tassi d’interesse dal 3.00% al 2.25%.
Il mercato valutario in questi giorni di fermento sui mercati finanziari sta giocando un ruolo da assoluto protagonista: tutti gli operatori del settore infatti sono concentrati sull’andamento del biglietto verde che costituisce un po’ uno specchio dell’andamento dell’economia americana.
I dati usciti nel corso di questi ultimi giorni hanno sostanzialmente confermato che i settori più in difficoltà sono senza dubbio quello immobiliare e quello industriale; ma per farci un’idea più dettagliata di come si è arrivati a superare quota 1.5400 proviamo a riepilogare i principali dati macroeconomici usciti nel corso dell’ultima settimana.
Ma andiamo seguiamo come al solito un ordine cronologico: lunedì è stato rivelato l’indice ISM manifatturiero diminuito dal precedente 50.7 di gennaio all’attuale 48.3,con un movimento negativo ma leggermente migliore delle aspettative di mercato mentre per quel che concerne l’Eurozona l'indice Pmi manifatturiero e' sceso a 52,3 punti dai 52,8 del mese precedente e l'inflazione a febbraio si e' attestata al 3,2% entrambi i dati sono risultati in linea con le stime degli analisti
Martedì la giornata si è aperta con i dati europei che hanno visto il prodotto interno lordo nel quarto trimestre del 2007 crescere dello 0,4% rispetto al trimestre precedente e del 2,2% su base annuale. L'indice dei prezzi alla produzione a gennaio ha evidenziato un incremento dello 0,8% su base mensile rispetto al +0,1% segnato a dicembre e del 4,9% su base annuale. Da segnalare anche il taglio di 0.5 punti percentuali dei tassi canadesi che sono cosi arrivati al 3.5%.
Mercoledì è stata invece una giornata ricca di dati provenienti dagli states che hanno confermato il momento negativo del settore industriale con i factory orders calati di 2.5 punti percentuali mentre l’indice ISM sul settore non manifatturiero ha fatto segnare un valore ben al di sopra delle aspettative posizionandosi a quota 50.8.
Giovedì è stata la giornata che ha fatto segnare il superamento della soglia “psicologica dell’1.5400: in questa giornata si sono riunite le banche centrali Europea e Britannica che hanno deciso di lasciare invariati i tassi di riferimento nazionali.
Per concludere la nostra analisi macroeconomica vanno segnalati i due dati positivi sulla disoccupazione statunitense usciti oggi che hanno dato una leggera spinta positiva al biglietto verde e il dato sulla produzione industriale tedesca in aumento dell’1.8% rispetto allo 0.3% preventivato.
Restiamo comunque in attesa di quello che sarà il dato decisivo: il 18 marzo infatti, nel corso della prossima riunione della Federal Reserve, verrà probabilmente deciso un ulteriore taglio di 0.75 punti dei tassi statunitensi.

mercoledì 5 marzo 2008

Ancora debole il dollaro


Lo scenario del mercato valutario è ormai ben delineato con la situazione economica statunitense sempre in primo piano: la recessione che ha colpito o sta per colpire gli States catalizza l'attenzione di tutto il mercato che attende ogi giorno un segnale seppur debole di ripresa.
Tutto ciò porta il dollaro ad essere debole nei confronti della maggior parte delle velute e i dati negativi che continuano ad arrivare in questi giorni non facilitano certo il compito del biglietto verde che continua a gravitare attorno quota 1.5200 nel cross con la moneta unica che resta cosi molto forte e continua a preoccupare non poco la banca centrale europea.
Per quel che concerne i dati macroeconomici rivelati ultimamente possiamo riportare il dato riguardante il gross domestic product australiano che è cresciuto in una percentuale inferiore rispetto alle attese (0.6% vs. 0.8%) oltre che il dato sul PMI dei servizi nel Regno Unito fortemente positivo (54.0 vs. 52.5).
Un gran numero di dati sono invece arrivati dagli states: se da una parte troviamo positivo l'indice ISM e la produttività del settore non agricolo, dall'altra dobbiamo registrare il calo del 2.5% degli ordini all'industria che han fatto perdere altre posizioni alla valuta statunitense.

lunedì 3 marzo 2008

Back to 1929?


Il biglietto verde,dopo alcune settimane di consolidamento, ha ripreso a deprezzarsi contro tutte le divise toccando nuovi minimi storici contro la divisa unica (sopra la soglia di 1,52) e ai livelli più bassi degli ultimi 3 anni contro lo yen.


Bernanke segnala che la situazione negli Usa è difficile ("alcune banche minori falliranno" a causa della crisi del credito) ed il Pil del Q4 viene confermato in frenata con crescita marginale dello 0,6% annualizzato. I nodi del deficit commerciale Usa vengono al pettine: vedremo nei prossimi mesi se gli esportatori stanno negoziando i dollari o acquistano asset Usa.
In Eurolandia l’andamento dell’offerta di moneta M3, sempre vicino ai massimi ma in calo (+11,5% a gennaio), può far intravedere le future difficoltà: il credito alle imprese continua a crescere molto (+15% su base annua), probabilmente anche perché si sono in parte prosciugati i canali di finanziamento alternativi (ricorso al mercato), mentre quelli alle famiglie sono in frenata, soprattutto quelli relativi ai mutui. Per quanto riguarda i prezzi, che tanto preoccupano la Banca Centrale, a febbraio in Italia ed in Germania si sono attestati intorno al 3%, mentre a gennaio, per l’intera zona euro, si sono portati al +3,2% (+3,1% a dicembre), quindi ben al di sopra del target massimo della Banca Centrale Europea, collocato al 2%.

Dagli Stati Uniti, ancora indicazioni negative: il settore immobiliare non interrompe la fase di crisi (le vendite delle case segnano nuovi minimi di periodo ed i prezzi continuano a ridursi) ed anche gli indici di fiducia restano negativi (la fiducia dei consumatori a febbraio è scesa a 75 punti dagli 87,3 di gennaio), mentre i prezzi continuano a salire (su base annua, quelli alla produzione totali sono saliti a gennaio del 7,3% dal 6,3% precedente; quelli "core" si sono limitati ad un +2,3% dal precedente 2%). Crescono anche le richieste di sussidi alla disoccupazione, che anticipano un peggioramento del mercato del lavoro anche nelle statistiche di febbraio che verranno pubblicate venerdì prossimo.

Per quanto riguarda le Banche Centrali, si fa più netta la divaricazione fra l’atteggiamento

della Federal Reserve e quello della Banca Centrale Europea. Per la Federal Reserve, in

occasione della consueta testimonianza davanti al Congresso, il Presidente Bernanke ha

ribadito che l’economia è in stallo e che la priorità della Fed resta quella di assicurare lo sviluppo: quindi, benché nell’ultimo mese la Fed riconosca che sono accresciuti i rischi sul

fronte dell’inflazione, vi è la volontà di agire in modo tempestivo sui tassi per sostenere la crescita. Per la prossima riunione del 18 marzo, in base alle quotazioni dei contratti future sui fed funds, le probabilità di un intervento di 75 bp sono salite al 40%. Impostazione opposta quella della Banca Centrale Europea, che si riunisce il 6 marzo: Weber ha ribadito le preoccupazioni dell’Istituto centrale sul fronte dell’inflazione ed ha avvertito il mercato del rischio di sottostimarne i pericoli, visto che la crescita di Eurolandia è ritenuta ancora poco sotto il potenziale. Il consenso di mercato quindi esprime la convinzione che

in settimana il tasso repo sarà confermato al 4%, ma i contratti future sull’euribor a tre mesi quotano comunque tassi in riduzione per la seconda parte dell’anno, con il future a scadenza dicembre che quota un tasso implicito del 3,50%. Anche la Banca d’Inghilterra si riunisce il 6 marzo ed, anche in questo caso, il mercato si attende la conferma del tasso di riferimento al 5,25%, dopo l’intervento al ribasso di inizio febbraio. In effetti, le condizioni economiche del Regno Unito, che finora non hanno subito un peggioramento vistoso, consentono un approccio di politica monetaria accomodante più graduale.

Sul fronte cambi, la debolezza del dollaro ha condizionato i movimenti delle valute nel corso degli ultimi giorni: il peggioramento dell’economia Usa e la determinazione della Fed di sostenere l’economia con una politica monetaria accomodante hanno spinto molti operatori a riconsiderare il proprio posizionamento.