venerdì 23 luglio 2010

il mercato valutario torna a “seguire” i dati macroeconomici


Molto spesso nelle scorse settimane ci è capitato di leggere e scrivere di un mercato valutario più istintivo e meno “logico” con pesanti accuse ai grandi istituti di credito ed ai governi economici internazionali che influenzavano il sentiment del mercato con dichiarazioni e talvolta con falsi allarmismi: specchio fedele di questa situazione è, come spesso succede, il cross Eur-Usd.
Fino a qualche settimana fa la sensazione generale era quella di un’economia europea sull’orlo del tracollo con importanti analisti ed economisti che parlavano addirittura di un abbandono della valuta unica europea dopo il pesante crack della Grecia ed i dubbi riguardanti molte altre economie dell’est Europa ( senza tralasciare le “solite” Irlanda, Spagna e Italia). Quali sono state le conseguenze di questi rumors e di queste dichiarazioni? Euro ai minimi storici a 1,1875 e fiducia del mercato in drastico calo nei confronti della valuta unica e della comunità europea; dagli inizi di giugno sono passati quasi due mesi e troviamo l’euro ballare attorno a quota 1,30 con un movimento rialzista superiore all’8% in neanche 50 giorni.
A questo punto qualunque osservatore si chiederebbe il perché di questo guadagno ed i motivi di questa importante risalita: sarebbe portato a pensare che la congiuntura economica europea è migliorata e che invece lo stato di salute statunitense sia improvvisamente peggiorato.
Per convincerci di questo però dovremmo ignorare il fatto che i problemi dell’unione europea rimangono ancora notevoli, che il problema Grecia è stato solo tamponato ed in parte posticipato, che i paesi dell’est versano in ancora in condizioni critiche (vedi recente taglio del rating dell’Ungheria) e che anche le economie forti come quella tedesca stentano a riprendersi nonostante il buon dato sul settore manifatturiero tedesco per il mese di luglio; dall’altra parte dell’oceano invece le cose non sono certo peggiorate rispetto a qualche mese fa.
L’economia a stelle e strisce stenta a riprendersi dopo la grave crisi com’era normale e prevedibile, ed il settore immobiliare oltre che quello del credito sono ancora in forte difficoltà ed il “yes we can” si sta lentamente trasformando in un “can we?” come confermano le parole del presidente della Fed Bernanke che ha definito l’outlook per l’economia statunitense “stranamente incerto”; la fiducia dei consumatori è in ribasso, le vendite al dettaglio sono in calo, le vendite di case pure, i nuovi cantieri edili e licenze di costruzione anche e le ore lavorative per settimana sono basse. L'unica cosa che non sta calando sono le scorte, ovvero roba invenduta che si sta accumulando negli scaffali dei grandi magazzini. Anche gli appartamenti sfitti e le case rimaste senza un acquirente non fanno ben sperare, per non parlare dei molteplici casi di default sui prestiti.
Tutto questo disegna un quadro che è negativo ora come lo era agli inizi di giugno e allora ci domandiamo cosa è cambiato; come sempre in questi casi le risposte sono molteplici ed il più delle volte molte sono in parte corrette e non si escludono a vicenda.
Una possibile spiegazione è che il mercato si stia “riallineando” e stia diventando più razionale muovendosi in relazione dei dati fondamentali più che in base ai rumors o a speculazioni.
Guardando l’attualità, importante se non decisivo per il destino immediato del cross Eur/Usd sarà il risultato degli stress test sulle banche europee che potrebbero portare la valuta unica europea, in caso di risultati positivi, a sfondare con decisione quota 1,30 ed in caso contrario ritracciare fino a 1,25.

venerdì 2 luglio 2010

L’Euro supera quota 1.25 nei confronti del dollaro e prova un’inversione di trend.


Il rialzo della valuta unica europea di queste ultime ore conferma il cambiamento in atto negli investitori nell’analisi dei mercati.
Non si tratta certo di una rivoluzione clamorosa ma il mercato ora guarda, valuta e si “muove” monitorando la situazione dell’economia europea ( mettendo in secondo piano l’economia statunitense, da sempre catalizzatore dell’attenzione mondiale ) ed ogni notizia di rilievo proveniente dal vecchio continente provoca grandi scossoni sul mercato: la causa del movimento al rialzo della valuta unica europea può essere ritrovata nelle buone notizie provenienti dall’economia spagnola che ha comunicato di essere riuscita a vendere il suo target di 3.5 miliardi di euro in bond maturati da cinque anni.
A dire il vero, questo dato seppur incoraggiante è inferiore alla domanda del mese scorso (rapporto bid to cover in calo) ma ciò che infonde fiducia al mercato è che il premio richiesto per incoraggiare gli investitori a comprare i bond spagnoli sta crescendo più lentamente del previsto e che quindi la fiducia degli investitori nell’economia iberica è in ascesa.
Altro dato incoraggiante che ha sicuramente aiutato l’euro è arrivato dalla Germania che ha visto crescere nel mese di Maggio ’10 sia le vendite al dettaglio che il settore manifatturiero; come sempre però vanno fatti dei distinguo tra quella che può essere l’euforia dei mercati intraday e quello che è il sentiment generale che vede comunque prevalere un out look negativo testimoniato dall’aumento contemporaneo e consistente dell’ Euribor a 3 mesi e del libor Eur.
Quest’ultimo dato testimonia che gli istituti di credito europei non si fidano l’uno dell’altro e la paura nel prestare denaro è sempre la stessa: la possibilità (concreta) che le banche detengano nelle loro posizioni asset tossici; a questo punto la necessità di una riforma riguardante la trasparenza bancaria nei confronti della clientela e del sistema stesso ritorna a ricoprire uno degli aspetti più sottovalutati dai vertici economici mondiali.
L’outlook statunitense non è certo migliore rispetto al vecchio continente: se qualche giorno fa Greenspan (ex governatore della FED) esprimeva i suoi dubbi e i suoi timori sulla capacità dell’economia statunitense di recuperare capitali sul mercato e quindi riproponeva l’esigenza di una radicale riforma fiscale, i dati macroeconomici di questa settimana confermavano le difficoltà e come abbiamo visto affondavano i listini azionari.
I principali dati pubblicati in settimana hanno visto calare la fiducia dei consumatori ( 52.9 vs. 62.7), stessa sorte per l’indice sull’occupazione nel settore “Non-Farm” (13k vs. 59k); giovedì poi è stata la giornata che ha maggiormente contribuito al crollo del dollaro con un aumento delle richieste di sussidi alla disoccupazione di 13k unità rispetto alla precedente rilevazione, l’indice ISM manifatturiero sceso a 56.2 rispetto al 58.9 delle previsioni ma soprattutto ha pesato il calo del 30% nel settore immobiliare riguardante il Pending Home Sales.
Interessante sarà vedere come reagirà il mercato ai dati di questo pomeriggio provenienti dagli states riguardanti la disoccupazione che potrebbero spingere il cross Eur/Usd fino a quota 1.30 in un movimento di breve periodo che però non dovrebbe cambiare il trend di lungo che rimane comunque ribassista.