martedì 27 ottobre 2009

Recupero del dollaro


La giornata negativa dei listini azionari del vecchio continente ha trascinato con se anche la valuta unica europea che dopo settimane ha fatto segnare una prima vera forte correzione al ribasso nei confronti del dollaro statunitense.
Il biglietto verde ha infatti approfittato della congiuntura negativa delle piazze europee che hanno subito, forse eccessivamente, le preoccupazioni degli investitori riguardanti la possibilità di inasprimento delle politiche fiscali da parte dei principali governi dell'unione europea volte a ridurre l'aumento di speculazioni.

Il dollaro ha poi recuperato posizioni nei confronti delle principali valute estere ed in particolare con sterlina e franco svizzero.

Oggi ci attendiamo una giornata con grandi movimenti aiutati dalla grande volatilità e dai grandi volumi negoziati sul mercato valutario in questi giorni.

lunedì 12 ottobre 2009

L'ottimismo è la cura per la crisi, o forse no.


Settimana interlocutoria ed altalenante ricca di colpi di scena che ha fatto muovere in modo consistente il mercato valutario.
La sensazione che si respira sui mercati è che si stia passando da un periodo nero in cui il pessimismo la faceva da padrone, con dati macroeconomici e dichiarazioni allarmanti, ad un periodo in cui regna l’incertezza ma anche la speranza di una ripresa nutrita dai da alcuni dati incoraggianti e da dichiarazioni di vertici economici delle più importanti economie che sempre più spesso si lasciano andare a slanci di ottimismo.
Sempre da più parti dicono che da questa crisi si esce con l’ottimismo e la fiducia, e allora pur non essendo concorde in toto con questa teoria, proviamo a vedere ciò che di positivo è accaduto questa settimana a livello mondiale; questi ultimi giorni hanno visto riunirsi le principali banche centrali ed il primo segnale importante è venuto dall’Australia che ha deciso di alzare il costo del denaro di 0,25 punti percentuali con una mossa che ha una valenza quasi storica per questo periodo economico caratterizzato da una serie di tagli mai verificatasi in precedenza, e poco importa se l’economia australiana era una delle poche a non essere entrate in recessione, l’ottimismo che ci siamo prefissati di seguire ci deve far pensare che questo è un primo forte segnale di ripresa.
Altri segnali positivi arrivano dallo stato di salute dell’economia statunitense che in questi 5 giorni ha visto crescere l’indice ISM ( importante indicatore dello stato di salute dell’economia a stelle e strisce) a 50.9 rispetto ai 48.4 della precedente rilevazione e ha visto diminuire le richieste di sussidi alla disoccupazione da 554k a 521k nell’ultima settimana.
Segnali sicuramente incoraggianti supportati dalle recenti dichiarazioni del capo della Federal Reserve Bernanke, che ha rassicurato tutti sulla prontezza e sulle capacità della banca centrale statunitense a sostenere la ripresa nel momento in cui l’economia ripartirà; poco importa se il FMI, riunitosi sempre questa settimana a Venezia, si sia mostrato pessimista ricordando come si preveda che il tasso di disoccupazione statunitense, già ai massimi storici al 9,8%, possa superare quota 10% nella seconda metà dell’anno.
A proposito della riunione di Venezia del Fondo Monetaria Internazionale, l’ottimismo ci porta a pensare che le dichiarazioni di Trichet concernenti l’uscita dalla recessione e la conferma della volontà di stabilizzare e limitare le oscillazioni sul mercato valutario siano da considerare come segnali positivi; poco importa se questa tranquillità sul mercato dei cambi non riusciamo a vederla e la politica di dollaro forte di Obama non sembra avere gli effetti sperati.
Se guardiamo lo sviluppo del cross Eur/Usd nel corso dell’ultima settimana vediamo come si sia passato da minimi a 1,4696 a massimi a 1,4816: gli eventi che hanno movimentato il cross sono da ritrovarsi in particolare nella corsa del prezzo dell’oro che come paventato dal giornale britannico “The Indipendent” sia dovuta alla decisione delle economie asiatiche di sostituire il dollaro con l’oro come bene rifugio paventando anche l’ipotesi di accordi tra Cina, Russia, Giappone e Francia per smettere di utilizzare il biglietto verde come valuta per l’acquisto del petrolio.
Le parole di Bernanke, che ha chiarito anche come la Fed cambierà strategia di politica monetaria non appena l’outlook macroeconomico migliorerà, hanno spinto la sostenuto il ritracciamento della valuta statunitense che è arrivata fino a quota 1,4716 lasciando però la sensazione che si tratti di un recupero temporaneo.

mercoledì 7 ottobre 2009

Tassi australiani e prezzo dell'oro


Ancora riunioni importanti. In questi giorni si sta concludendo il meeting del FMI con le immancabili proteste ed i soliti buoni propositi. Nel frattempo i mercati mondiali prestano la loro attenzione principalmente su due eventi: da una parte la decisione della banca centrale australiana di alzare il costo del denaro, primo esempio dopo la nota ondata di tagli post-crisi, dall’altra la corsa del prezzo dell’oro e del petrolio.
Se l’aumento in Australia dei tassi di interesse può essere decifrato come un segnale positivo per l’economia mondiale, finalmente fiduciosa per una ripresa imminente, l’aumento del prezzo dell’oro va ricercato in motivazioni più profonde e meno limpide.
Come anticipato dal giornale britannico “Indipendent”, sembra che le potenti economie asiatiche abbiano deciso di ridurre il potere del dollaro e quindi la loro dipendenza dalla valuta statunitense scegliendo l’oro come rifugio in questo periodo di incertezza, utilizzando il biglietto verde principalmente come mero strumento per l’acquisto di petrolio.
Questo spiegherebbe in parte anche l’aumento del prezzo dell’oro nero ed il continuo deprezzamento del dollaro che in queste ultime ore continua a perdere terreno nei confronti dell’Euro ( superata nuovamente quota 1,4735)e soprattutto nei confronti dello Yen nei confronti del quale da inizio estate è passato da sfiorare quota 100 ad arrivare ai minimi relativi di questi giorni a 88.180.

lunedì 5 ottobre 2009

Lo stato di salute dell’economia statunitense e l’andamento dei mercati finanziari muovono il mercato dei cambi.


Lo stato di salute dell’economia statunitense e l’andamento dei mercati finanziari muovono il mercato dei cambi e incidono in maniera determinante sull’andamento dei cross più importanti.
E’ passata la settimana del G-20 e la sensazione che è rimasta è quella di un’occasione persa per parlare e discutere di problemi reali legati al mercato dei cambi che per risposta sembra avere praticamente ignorato un meeting da cui sono usciti grandi discorsi, frasi ad effetto, ma poca sostanza che non ha avuto alcun effetto sui cambi.
Questa settimana ha infatti confermato in sostanza che ciò che guida ed indirizza i vari cross, sono i dati macroeconomici riguardanti l’economia a stelle e strisce e l’andamento delle borse che continuano ad avere una relazione inversa con il dollaro.
Ma andiamo per gradi; il sentiment degli analisti dopo i numerosi ed importanti dati macroeconomici pubblicati nel corso di questa settimana vede un economia statunitense ancora tentennante, che ancora non sembra aver le forze per una ripresa decisa e consistente.
E allora proviamo a riportare qualche dato uscito nella settimana: martedì è stato pubblicato l’indice S&P sull’andamento dei prezzi delle case è risultato ancora in negativo ma con una percentuale inferiore alle attese (-13,3% vs. -14,3%) mentre il conference board ha annunciato che il livello di fiducia dei consumatori è sceso a 53.1 dopo il dato molto positivo di fine agosto che l’aveva visto salire a 54.5.
Mercoledì è stato invece pubblicato il dato sulla disoccupazione che ha disilluso le speranze degli analisti che avevano previsto un calo della disoccupazione nel settore non-agricolo e che invece hanno visto pubblicare un dato ben più negativo (-254K) rispetto alle previsioni (-200K).
Giovedì è stata sicuramente la giornata che più di tutte ha “mosso” i mercati, azionari e valutari, con gli indicatori macroeconomici pubblicati; il più importante è stato sicuramente l’indice ISM dei direttori degli acquisti (l’indicatore più importante per determinare lo stato di salute del’economia) che ha tradito le attese che lo volevano in rialzo rispetto alla rilevazione precedente (59.9) a 53.9 facendo segnare addirittura un ribasso di di 0.3 punti.
In controtendenza invece il dato riguardante i contratti di vendita in corso di case che ha fatto segnare un aumento del 6,4% ben al di sopra dello 0,9% previsto.
L’ultimo giorno della settimana non ha fatto altro che confermare quanto accaduto in precedenza con il tasso di disoccupazione che è aumentato nuovamente sfiorando la soglia del 10%; da riportare che anche il dato allarmante riguardante gli ordini alle industrie, in calo dello 0,8% nel mese di agosto.
Come hanno reagito i cambi a questa settimana? L’eur/usd ha vissuto una settimana con variazioni molto consistenti: ha cominciato la settimana in rialzo per poi far segnare una netta inversione di tendenza giovedì quando, in concomitanza con l’uscita del dati macroeconomici e del calo dei listini azionari, ha ritracciato fino a quota 1,45105 per poi arrivare in queste ore a toccare 1,4479 per poi risalire con un movimento importante sopra quota 1,4610 dopo il dato molto negativo riguardante disoccupazione e ordini alle fabbriche, confermando se ancora ce ne fosse bisogno, la grande attenzione con cui il mercato segue la pubblicazione dei dati macroeconomici.
La sensazione e che anche la prossima settimana ci dovremo aspettare un biglietto verde forte, stesso discorso vale per lo Yen mentre per l’Euro e la Sterlina le difficoltà dovrebbero persistere.