martedì 25 maggio 2010

Non tutti i mali vengono per nuocere.


In un clima di crescente allarmismo per la condizione dell’economia europea forse bisognerebbe fermarsi un attimo e riflettere su cosa davvero è successo, sul perché sia successo e se le conseguenze siano veramente tutte negative o ci sia in tutto questo anche qualcosa di positivo.
Due anni fa iniziavamo a parlare di crisi dei subprime e l’anno scorso abbiamo visto concretizzarsi il crollo del sistema finanziario e borsistico degli stati uniti: quello che sembrava essere il punto di forza della prima economia mondiale e che per anni è stato considerato il fiore all’occhiello degli Stati Uniti si è rivelato essere la causa prima di una delle più grandi crisi dopo quella del ’29. Molte sono state le analisi e i tentativi di trovare delle spiegazioni plausibili per quel che è successo ma uno dei motivi più evidenti è stato senza dubbio la mancanza di chiarezza e regolamentazione che circondava il mondo della finanza che per molti anni ha permesso a grandi istituti finanziari di nascondere e “camuffare” bilanci e debiti.
Proviamo quindi ora a creare un parallelo ed un confronto tra la crisi statunitense e quella che sta attraversando ora il vecchio continente.
Le cause di questo momento di difficoltà sono svariate e la stessa crisi statunitense è stato il primo tassello che cadendo ha innescato il domino che ha inevitabilmente coinvolto il sistema bancario europeo ma uno dei più grandi problemi per l’Europa è stata la mancanza di chiarezza dei bilanci dei governi che troppo spesso (vedi il recente caso della Grecia) sono stati mascherati grazie a manovre politico – finanziarie non sempre troppo chiare.
In entrambi i casi la crisi non ha fatto altro che togliere un sottilissimo velo che copriva la realtà dei fatti ed ha riportato tutti, bruscamente, ai valori reali delle economie creando inevitabilmente panico sui mercati.
Come la crisi dei subrime ha evidenziato le debolezze del sistema finanziario statunitense causando il fallimento di società importanti come Leheman Brothers ed il salvataggio da parte del governo di colossi bancari/assicurativi quali Freddi Mae e AIG, la crisi europea ha mostrato le difficoltà del sistema economico del vecchio continente causando il quasi default della Grecia salvata in extremis da BcE e FMI e costringendo le economie meno solide (vedi Italia, Irlanda, Spagna, Portogallo) a varare urgenti manovre finanziarie.
All’inizio dicevamo che non tutti i mali vengono per nuocere ed infatti proseguendo sempre nel parallelo notiamo come una delle riforme più importanti portate avanti dall’amministrazione Obama sia stata quella riguardante una profonda riforma della finanza statunitense ed in particolar modo di una regolamentazione del settore; passando al caso europeo questa crisi dovrà riuscire a far aprire gli occhi ai governi mettendo in evidenza l’esigenza di una profonda riforma dell’amministrazione economica che dovrà eliminare i troppi e gravi sprechi e dovrà ripartire dalla rivalutazione dell’economia reale.
Ed è qua che entra in gioco un ulteriore aspetto positivo e cioè la svalutazione dell’Euro: il catastrofismo che si è creato attorno al crollo della valuta europea è infatti giustificato solo in parte.
Il valore reale dell’Euro non era quello dell’agosto 2008 quando aveva superato 1.60 e non era neanche 1.5139 di fine novembre 2009; 1,22 sembra essere un cambio equo per la valuta di un economia non solida come si credeva e che da una svalutazione di questo tipo non può fare altro che approfittarne e rilanciare l’export troppo spesso in difficoltà a causa di una valuta sopravvalutata.
Passando all’attualità dei cambi, dopo giorni di altissima volatilità i mercati hanno ricominciato la settimana con un po’ più di tranquillità continuando il trend che vede gli investitori poco propensi ad investire in prodotti ad alto rischio affidandosi a valute rifugio come il dollaro e lo yen in rialzo su quasi tutti i cross più importanti.
Bene anche le commodities con l’oro che supera quota 1187,00 e che resta un bene rifugio molto richiesto dal mercato.

giovedì 6 maggio 2010

Mercati finanziari e valutari “guidati” dalla Grecia.


Per analizzare il mercato valutario ed i movimenti dei vari cross solitamente procediamo all’analisi dei principali dati macroeconomici pubblicati dalle principali economie mondiali, cerchiamo di capire il sentiment del mercato ed analizziamo i movimenti di natura tecnica dei vari cross.
Tutto questo, negli ultimi giorni, è reso inutile o quantomeno superfluo dalla crisi che si è abbattuta in modo violento sull’economia ellenica.
Fino a qualche giorno fa la speranza del mercato era riposta nelle decisioni della Bce e dell’intera unione europea riguardanti gli aiuti da fornire alla Grecia e la problematica su cui era focalizzata l’attenzione del mercato riguardava l’assenso o meno di economie forti come la Germania nell’accettare lo stanziamento di 110 miliardi di euro di prestito.
La scelta di sostenere ed aiutare la Grecia sembrava quindi potesse essere la soluzione ideale ed invece si è rivelata essere solo una sorta di effetto placebo per qualche giorno (forse qualche ora) fino a che la situazione è degenerata.
Come spesso succede, si è forse sottovalutato l’effetto di alcune scelte politico-economiche studiate a tavolino sull’economia reale e sui reali artefici del Pil greco: le misure drastiche adottate dal governo ellenico per “sistemare i conti pubblici” hanno innescato una spirale di manifestazioni e contestazioni che hanno portato ai tragici eventi di questi giorni.
Come dicevamo i dati macroeconomici in questo contesto passano in secondo piano ma ci sarebbe molto di cui parlare: oggi è in programma la riunione della Bce che molto probabilmente lascerà il costo del danaro invariato.
La scelta della Bce sembra quanto mai coerente con il momento delicato; l’unica via di uscita o di sopravvivenza a questa ulteriore crisi potrebbe essere il mantenimento del costo del denaro molto basso ed un continuo sostegno al canale del credito con l’aiuto delle economie “forti” dell’Unione Europea.
Siamo arrivati anche al momento dell’elezione del nuovo governo britannico con gli ultimi sondaggi che danno i conservativi in vantaggio (37%) sui laburisti (29%) e sui liberal democratici (26%); l’attenzione del mercato è rivolta sulle decisioni che la prossima maggioranza di governo prenderà per quel che riguarda il deficit pubblico considerato che ieri la Commissione Europea ha annunciato che il governo britannico dovrà prendere in prestito più capitale del previsto.
Il mercato valutario come sempre è un fedele specchio dell’andamento delle economie mondiali e non c’è da stupirsi se l’euro ha subito pesantemente l’effetto Grecia precipitando a 1.2811 nei confronti del dollaro allontanandosi dalle resistenze a 1.33 ed avvicinandosi pericolosamente ai supporti a 1.2454, i minimi da Marzo ’09.
Seguendo la stessa linea di ragionamento, la sterlina continua a perdere posizioni a causa dell’incertezza politica che procede le elezioni andando a testare quota 1,50 nel cable; in questo caso sarà determinante la reazione del mercato all’esito delle elezioni britanniche.
L’unico a beneficiare di questo periodo è quindi il dollaro statunitense che sfruttando la debolezza delle altre principali valute ha recuperato molte posizioni; effetto diretto di questo rialzo è stato il calo del prezzo del petrolio che dopo aver toccato quota 87.15 (WTI) è sceso fino ad arrivare a quota 78.85.