lunedì 25 febbraio 2008

Economie in rallentamento


Usa in rallentamento, così come l’Europa, mentre prosegue la corsa delle economie asiatiche (Giappone al 4,0% e Cina sopra l’11%, con la Banca Centrale che, a causa di un’inflazione ancora in salita, continuerà ad adottare nuove misure restrittive di politica monetaria) che spingono le commodity ai nuovi massimi e su tutte il petrolio, che nelle ultime sedute si è portato sopra i 101Usd; ancora svalutazioni per il comparto bancario e finanziario controbilanciate da iniezioni di liquidità (vedi Credit Suisse) o da ristrutturazione del debito; continuano a salire i prezzi delle coperture sui credit default swap, che si sono spinti sopra la soglia dei 600bp per gli emittenti “junk”.
I numeri dell’inflazione restano sopra i livelli target delle Banche Centrali, con gli stessi banchieri centrali che continuano a monitorare la situazione (vedi petrolio) e ciò alimenta il nervosismo anche sul mercato dei tassi. Per quanto riguarda le politiche monetarie, le attese sui Fed fund vanno nella direzione di un taglio di 50bp nella riunione di metà marzo; per la Bce le attese di possibili riduzioni si spostano al secondo semestre.
Il dollaro, seppur in trading range laterale di medio periodo, torna ad essere debole, spingendosi sulla parte alta del range e non molto distante dai massimi. Un segnale che il ritorno alla crescita passa per un deprezzamento del biglietto verde.
Negli Stati Uniti, sempre notizie negative sul fronte del settore edilizio: sia le nuove costruzioni abitative che i permessi edilizi si mantengono su valori minimi che non si registravano dal 1991. La produzione industriale di gennaio si stabilizza più o meno sui livelli del mese precedente, mentre trovano conferma gli aumenti dei prezzi, sia alle importazioni che al consumo.
In settimana, nuovi dati sulle vendite e sui prezzi delle case, l’indice dei prezzi alla produzione di gennaio e la prima revisione del Pil del quarto trimestre del 2007, che secondo il consenso di mercato dovrebbe leggermente migliorare.
Per quanto riguarda le Banche Centrali, il quadro economico descritto si traduce in un’attesa da parte degli operatori di politiche monetarie sempre più espansive anche se il trend rialzista sui prezzi, alimentato dal continuo aumento delle quotazioni delle materie prime e soprattutto del petrolio, introduce elementi di incertezza, soprattutto per quanto riguarda le scelte della Banca centrale europea. Le minute della Federal Reserve diffuse in settimana hanno evidenziato come nel breve periodo il timore principale per gli Stati Uniti resti quella di un eccessivo rallentamento economico indotto dalla continua contrazione dell’attività edilizia e discesa dei prezzi delle case, dalla minore disponibilità di credito e dal calo delle borse. Anche la Fed ha rivisto le stime per il 2008: in ribasso di 0,5% quelle del Pil, in rialzo quelle dell’inflazione (+0,3%) e della disoccupazione (+0,4%) stimata fra il 5,2% ed il 5,3%. Il mercato continua ad anticipare tagli aggressivi sul tasso sui fed funds: in base ai contratti future, alla prossima riunione del 18 marzo le probabilità di un intervento di 75 bp è intorno al 10%, mentre un taglio di 50bp, fino al 2,50%, è indicato con probabilità del 90%: significherebbe una riduzione di 175bp in un solo trimestre. La Fed si è comunque detta pronta ad effettuare rapidamente un’inversione di rotta sui tassi non appena lo scenario sulla crescita dovesse migliorare. Maggiore cautela trapela dalle minute della Banca d’Inghilterra, che il 7 febbraio ha ridotto il tasso di riferimento al 5,25% (-25bp). In effetti, i dati economici finora a disposizione non delineano una crescita in eccessivo affanno (positivo e superiore alle attese anche l’andamento delle vendite al dettaglio a gennaio), anche se preoccupano le difficoltà del settore immobiliare. Nonostante si stia attuando una politica monetaria accomodante, quindi, vi è in prospettiva un maggiore equilibrio fra i timori di eccessivo rallentamento economico e di ripresa di inflazione.
Sul mercato dei cambi, ancora una settimana con il dollaro al centro dell’interesse degli investitori, che ampliano le scommesse circa il prolungamento della politica monetaria accomodante della Fed, che potrebbe portare il tasso di riferimento intorno al 2% nella prima metà dell’anno. L’ottava ha visto il biglietto verde cedere terreno contro tutte le principali valute, con cali spesso superiori al punto percentuale.
Il cambio eur/usd ha riproposto quotazioni oltre la soglia di area 1,48 con il cambio nuovamente indirizzato al test delle resistenze statiche di area 1,4950, triplice massimo testato in novembre, gennaio ed inizio febbraio. La tenuta di tale soglia risulta critica per mantenere il quadro tecnico ancora in equilibrio, con le oscillazioni limitate inferiormente dai supporti di area 1,4450 (linea ascendente che unisce i minimi di dicembre, gennaio e febbraio). In un’ottica di medio-lungo periodo, le attese rimangono comunque favorevoli al dollaro, con i prezzi che dovrebbero aver ormai quasi completamente incorporato le attese sui tassi e potrebbero anticipare i segnali di ripresa dell’economia Usa previsti per la seconda parte dell’anno.
Dollaro sotto pressione anche contro yen, con il cambio usd/jpy che, dopo aver fallito l’accelerazione al rialzo oltre 108, si conferma inserito in un trading range laterale delimitato inferiormente dai supporti di area 105 (minimi di gennaio), con un trend di medio ancora ribassista e segnali di inversione da ricercare oltre i 110 punti.
Per quanto riguarda l’euro, si conferma il buono stato di salute della divisa unica contro yen e franco svizzero, con il cross eur/jpy stabile a ridosso dei 160 punti e quotazioni inserite in un canale ascendete con estremi a 157 e 163. Simile l’impostazione del cross eur/chf, con i corsi guidati al rialzo dalla trendline ascendente che traccia in area 1,6050 e le successive resistenze a ridosso di area 1,6250/1,6300.