lunedì 9 febbraio 2009

L'importanza dell'analisi fondamentale


Parlare di mercati finanziari e cercare di azzardare delle previsioni di questi tempi ,diventa un compito sempre più arduo e pericoloso ed espone a grandi rischi di smentite; ovviamente anche il mercato delle valute non si sottrae a questa condizione.
Sfogliando riviste specializzate e siti internet ci si imbatte ogni giorno nelle più disparate e contraddittorie analisi di mercato e spesso si esce da queste letture con molte domande ed una sola certezza: siamo di fronte ad una situazione che il mercato valutario non aveva mai dovuto affrontare e di conseguenza nessuno sa nè come nè soprattutto quando si riprenderà.
Se è vero che questa crisi ha modificato in maniera considerevole le caratteristiche del forex, rendendolo più volatile e diminuendo la liquidità anche nei suoi cross più importanti è anche vero che altre cose sono rimaste invariate; una di queste, a mio avviso, è sicuramente l'analisi fondamentale che, a differenza di altri metodi, meglio si attiene alla realtà e meglio, in un periodo come questo, ci fa capire le difficoltà di ogni paese e di conseguenza delle relative valute.
Proviamo quindi a dare una visione d'insieme di quello che è successo nell'ultima settimana a livello macroeconomico: gli eventi più importanti hanno riguardato le riunioni della Banca centrale Europea e della Bank of England oltre che i numerosi dati sulla disoccupazione provenienti dagli States.
Una delle azioni principali con cui le banche centrali di tutto il mondo hanno cercato di combattere la crisi è stato sicuramente l'abbassamento del costo del denaro che ha portato alla sostanziale scomparsa dei carry trades e che anche questa settimana ha focalizzato l'attenzione del mercato.
La gran parte degli investitori questa settimana aveva gli occhi puntati sulle banche centrali Europea e Inglese: ambedue i meeting hanno mantenuto le previsioni, rispettando i consensus che vedevano Trichet certo nel tenere i tassi al 2,00%, mentre King deciso a tagliare ulteriormente i tassi di interesse nel Regno Unito all'1,00%.
Va segnalato a tal riguardo come anche in Australia, la banca centrale ha deciso di seguire la politica monetaria intrapresa settimane fa abbassando il costo del denaro dal 4,25% al 3,25%.
Se parliamo di analisi fondamentale e dati macroeconomici non possiamo non parlare di Stati Uniti, considerati da tutti un buon indicatore dello stato di salute dell'economia mondiale: se l'inizio di questa settimana aveva illuso un po' gli analisti con i dati sulla vendita di case esistenti (6,3%) e con l'indice ISM del settore manifatturiero, rivelatosi migliore delle aspettative (35,6 contro 32,4), gli ultimi giorni della settimana hanno ricordato la grave crisi in cui si trova l'economia statunitense.
Dopo il dato sulle richieste di disoccupazione (in aumento a 626K) di giovedì, oggi si è avuta la conferma di come uno delle due principali cause del tracollo dell'economia a stelle e strisce sia ancora in grande affanno; il dipartimento del lavoro americano ha infatti diramato i dati riguardanti la perdita di lavoro nel settore non agricolo che ha visto diminuire l'occupazione di 598mila unità.
E' il tredicesimo mese consecutivo che l'occupazione cala in questo settore, mentre il settore manifatturiero ha visto perdere nell'ultimo anno 3.6 milioni di posti di lavoro, metà dei quali negli ultimi tre mesi. Questa serie incredibile di dati ha contribuito a portare il tasso di disoccupazione statunitense dal 7,2% al 7,6%.
Come si può facilmente evincere da questo breve riepilogo dei dati macroeconomici, la crisi è ben lontana dall'essere risolta e i cambi rispecchiano questo periodo di incertezza rimbalzando sui supporti e sulle resistenze in canali molto larghi senza riuscire mai a prendere una direzione ben precisa.