lunedì 9 novembre 2009

La ripresa dell'economia statunitense rallentata dai dati sull'occupazione


L’economia statunitense conferma la lenta ripresa ma risente ancora del grave aumento della disoccupazione che tocca il punto più alto dal dopoguerra arrivando a superare la soglia psicologica del 10%.
Quest’ultimo dato è una ovvia conseguenza dei mesi appena trascorsi che hanno visto tutte le più grandi aziende in difficoltà costrette a licenziare un gran numero di persone e non arriva quindi inaspettato.
Nonostante questo dato, dicevamo che l’economia sta ripartendo ma ancora non siamo arrivati al punto di svolta ed un segnale arriva anche dalle banche centrali più importanti che nella scorsa settimana di meeting hanno lasciato invariati i propri tassi di interesse di riferimento; fatta eccezione per la banca centrale australiana che per la seconda volta consecutiva, ha alzato il costo del denaro portandolo al 3,50%, Fed, BcE e BoE hanno rispettato le previsioni di mantenimento dei tassi.
La Federal Reserve nel suo comunicato successivo alla decisione riguardante il costo del denaro ha ben fotografato il sentiment generale: le previsioni delle massime autorità economiche statunitense parlano del mantenimento di tassi eccezionalmente bassi per un periodo di tempo prolungato perché i timori sul fronte dei prezzi sono praticamente inesistenti.
La decisione presa all’unanimità dai membri della Fed è stata influenzata anche dalla consapevolezza che la spesa delle famiglie sembra riprendersi , ma resta comunque penalizzata dalle perdite di posti di lavoro, dalla debole ripresa del reddito e dall’irrigidimento delle condizioni del credito.
Nessuna notizia di rilievo è poi giunta dal meeting del G20 che ormai non ha neanche più effetti sul mercato; ciò che può realmente muovere il mercato valutario ora che le politiche macroeconomiche iniziali sono state attuate e che la situazione sembra essersi stabilizzata sono le decisioni delle banche centrali che potrebbero decidere di “mettere mano” al costo del denaro invertendo il trend ribassista che nel corso di questa crisi ha riportato tutti i principali tassi di interesse nazionali attorno allo zero.
Per quel che riguarda i principali cross assistiamo ad un recupero della valuta unica europea nei confronti di un dollaro in difficoltà dopo i dati macroeconomici negativi di fine settimana; la correlazione tra il biglietto verde e le materie prime poi porta il petrolio nuovamente a ridosso degli 80 dollari al barile e l’oro a quota 1108,30.
Interessante sarà valutare lo stato di salute dell’economia europea che quest’inizio settimana sarà fotografata da importanti indici macroeconomici tra cui la produzione industriale tedesca, l’indice ZEW e la produzione industriale europea la cui crescita è vista in calo allo 0,6% rispetto allo 0,9% della precedente rilevazione.